Nordend

Nordend, 4609 m. Via normale per la cresta sud (Mattertal) con gli sci.

Caratteristiche: Ascensione appagante e completa ma molto impegnativa per il dislivello, la quota e il terreno su cui si svolge. Ambiente grandioso e dal panorama estesissimo. Si percorre un ghiacciaio con pendii crepacciati e ripidi, dove l’itinerario non è sempre intuitivo, e una cresta poco ripida ma esposta, a tratti affilata, che presenta pericolose cornici sul versante ossolano e comporta una breve arrampicata finale. Problemi di orientamento in caso di scarsa visibilità.

Difficoltà: OSA, PD

Dislivello: 1700 m, più 300 m circa per risalire a Rotenboden

Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel

Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga; oppure autostrada di Aosta, Gran San Bernardo, Martigny. Da Briga o da Martigny percorrere la valle del Rodano fino a Visp. Da qui svoltare nella Mattertal e seguirla fino a Zermatt.

Avvicinamento: La base di partenza è la Monte Rosa Hütte, 2883 m. Da Zermatt prendere il trenino del Gornengrat e scendere alla stazione di Rotenboden, 2815 m. Da qui imboccare il largo sentiero che con un lungo traverso in discesa, tagliando un versante molto ripido e pericoloso se innevato, conduce al piede della morena, in ultimo lungo una traccia ripida e disagevole (q. 2550 circa). Attraversare il Gorner Gletscher, scavalcare la morena divisoria e poi attraversare il più ampio Grenz Gletscher, seguendo sempre le bandierine e i pali di segnalazione, fino alla base della morena laterale di quest’ultimo ghiacciaio. Con percorso faticoso, in cui le corde fisse si intercalano al sentiero, risalire la morena giungendo alla Monte Rosa Hütte, 2883 m (2.30-3 ore).

Salita: Dal rifugio salire a fianco della morena e uscire, lungo un breve canale, su un modesto pianoro a circa 3100 m, alle pendici di un evidente risalto roccioso che sostiene un ramo del Monte Rosa Gletscher. Salire un ampio canale sulla destra, in prossimità della q. 3277 m, o i pendii a sinistra del risalto, per mettere piede sul ripiano del Monte Rosa Gletscher a circa 3400 metri. Ponendo attenzione all’incrocio di innumerevoli piccoli crepacci, portarsi verso sinistra in una valle glaciale che conduce alla base delle rocce quotate 3827 m. Con un ampio semicerchio ascendente in senso antiorario risalire il ripido e seraccato pendio in direzione della cresta nord ovest della Nordend. Ritornare poi verso destra (sud) a monte della seraccata, giungendo al pianoro a circa 4000 m, dove le vie di salita per la Nordend e la Dufour si dividono (3.30-4 ore). Verso la Nordend il percorso appare sbarrato da una crepaccia. Compiere una serpentina tra due seracchi, a destra della crepaccia, con percorso diretto verso la Silbersattel (40° per 250 metri). Proseguire più agevolmente fino alla Silbersattel, 4517 m, dove si lasciano gli sci (1.30-2 ore). Percorrere la cresta sud della Nordend, prestando attenzione alle cornici e poggiando sempre sul versante sinistro, fino alle rocce sommitali, che con breve arrampicata (II) conducono in vetta alla Punta Nordend, 4609 m (0.30-0.45 ore, totale 5.30-6.45 ore).

Discesa: Si svolge lungo il percorso di salita (3 ore fino alla capanna, 2.30-3 per ritornare a Rotenboden con circa 300 m di dislivello).

Accampàti sulla neve

La salita alla Nordend è rappresentativa di quelle gite dal dislivello impronunciabile che, se proprio si devono fare, allora meglio in sci che a piedi. Alberto mi mette una pulce nell’orecchio raccontandomi di un conoscente che l’ha salita pochi giorni fa in sci dormendo in tenda a circa 3150 m. Il dislivello si riduce a 1450 m, psicologicamente un’altra cosa rispetto ai più di 1700 m dalla Monte Rosa Hütte.  Mi lascio a poco a poco avvincere dall’idea. Siamo ormai a metà giugno, la neve se ne va rapidamente e, poiché le previsioni danno bel tempo per alcuni giorni, tanto ci basta: con un guizzo di follia decidiamo di partire subito, venerdì.

Alberto ha una tenda da due piuttosto leggera. Io porto fornello, corda e attrezzatura varia. Passata la frontiera senza subire controlli, Alberto mi confida di avere dimenticato a casa la carta d’identità! Scesi dal trenino del Gornergrat a Rotenboden, Alberto si accorge di avere dimenticato anche gli occhiali da ghiacciaio. Gli do i miei, io userò le sopralenti scure per gli occhiali da vista.

Da Rotenboden ci incamminiamo nel lungo traverso in discesa e quando ci affacciamo sul Gorner Gletscher ci avvediamo che bisognerà portare gli sci a spalle fino alla Monte Rosa Hütte. Brutta faccenda. Alberto, affetto da mal di schiena, comincia a maledire l’idea della tenda. Ma tant’è, ormai ci siamo. Il cielo parzialmente coperto ci evita almeno di arrostire. Dopo il lungo diagonale ci inabissiamo rapidamente fino al piede della morena, attraversiamo il Gorner Gletscher e poi il più ampio Grenz Gletscher, pestando ghiaccio grigio e pantanoso su cui scorrono rivoletti d’acqua. Faticando sulle corde fisse ci trasciniamo fin nei pressi del rifugio dove finalmente possiamo calzare gli sci. Fiancheggiando la morena ci innalziamo su neve fradicia fino a un ripiano, sopra i 3100 m, che abbiamo adocchiato già da lontano, alle pendici di un risalto.

Spianiamo la neve a lato di un piatto roccione che servirà da tavolo e, mentre il sole cala tra le nubi dietro la cima del Cervino, erigiamo il nostro rifugio per la notte. Facciamo fondere neve, scaldiamo una zuppa di cous-cous e ci prepariamo al riposo. La temperatura è molto alta e non c’è una bava di vento. Sulla nord del Lyskamm si succedono un paio di crolli impressionanti.

Ci troviamo in un luogo meraviglioso, di fronte ai reconditi versanti settentrionali del Castore e del Polluce, con le colate di crepacci che scendono dal Col di Verra e dalla Porta Nera. L’apertura della tenda dà sul Cervino, la Dent Blanche e la catena dello Zinal. Soli, con il rumoreggiare dell’acqua di fusione che scorre in copiosi ruscelli sulle rocce sopra di noi, nel giorno più lungo dell’anno, accampati tranquillamente alle pendici occidentali del Rosa, ripensiamo a Marcel Kurz che calcò per primo in sci questi ghiacciai, ai primi del novecento, in gennaio, salendo con i compagni da Zermatt alla capanna Betemps alla luce delle lanterne, con le giornate corte e il freddo pungente dell’inverno.

La sveglia suona alle 3. Il thermos ci restituisce un tè ancora quasi caldo. Abbandoniamo il bivacco e, seguendo delle tracce che conducono ad un ripido canale individuato ieri sera sulla destra del risalto, lo risaliamo sci a spalle. Mentre le cime si colorano di rosa, come la toponomastica vuole, in un cielo ormai chiaro calziamo gli sci. Ad un pianoro a circa 4000 m le tracce svaniscono e il percorso sembra sbarrato più avanti da una crepacciata. Individuiamo un passaggio tra due seracchi, molto ripido, che evita la crepaccia e sale direttamente alla Silbersattel.

Sputiamo l’anima sulle punte dei ramponi e, quando la pendenza si addolcisce, mentre ci raggiunge il sole calziamo nuovamente gli sci. Alberto, che non ha riposato bene, appare molto affaticato. Quando tocchiamo la Silbersattel e togliamo gli sci, Alberto decide che ne ha abbastanza. Non voglio forzarlo. Ci penso qualche secondo e, mentre Alberto, ben vestito, si stende a riposare, decido di proseguire da solo.

La cresta è a tratti affilata e esposta, ci sono delle cornici cui porre attenzione, ma vecchie peste indicano chiaramente il percorso. L’ambiente appare familiare e non mi incute particolare ansia. Alle roccette finali tolgo i ramponi e in breve sono in vetta. Non riesco a capacitarmi di trovarmi quassù, solo, in un mare di azzurro punteggiato di cime, con il lungo crestone roccioso impiastrato di neve della Dufour che si innalza grandioso alle mie spalle e sotto i piedi l’immenso versante est del Rosa, orrido e bello. Una sensazione esaltante ed inquietante allo stesso tempo. Due foto e inizio la discesa.

Di ritorno al colle trovo Alberto rinvigorito dopo un sonnellino. La discesa è un’apoteosi di serpentine su un firn da favola, lungo pendii ideali che contornano spettacolari seracchi. L’intonso delle forme e delle superfici, il bianco pulito e l’azzurro, pendenze sostenute e magnificamente sciabili, il godimento della scoperta e del movimento, panorami che riempiono occhi e anima. Laggiù l’autostrada grigia, himalayana, del Gorner Gletscher e, al fondo, l’acuminata guglia del Cervino.

La neve resta bella fino a 150 metri sopra la tenda. Qui evitiamo il canalone salito nella notte e scendiamo il più sicuro versante a destra dello sperone disseminato di roccette. Alla tenda il caldo è opprimente. Fondiamo neve, mangiamo qualcosa e ci riposiamo. Fatti due conti preferiamo fermarci ancora una notte e rientrare domani. Varrebbe la pena stare ancora in tenda, ma abbiamo finito i viveri e la bomboletta del gas è al lumicino. In mezz’ora smontiamo l’accampamento e in pochi minuti scendiamo alla Monte Rosa Hütte. Ci sono pochissimi avventori, il posto non manca. La cena è sontuosa, con il gelato per dessert.

Sveglia molto presto, col gas residuo facciamo bollire l’acqua per il tè e consumiamo una frugale colazione fuori del rifugio. Al sorgere di un’alba nuovamente radiosa, carichi peggio che all’andata, non si sa perché, ci avviamo lungo le famigerate corde fisse. Il Grenz Gletscher, al contrario di due giorni fa, è un lucido stuoino scivoloso che ci obbliga a calzare i ramponi. La risalita è lunga ma per me perfino piacevole, con il sole basso e la temperatura mite. Per il povero Alberto, alle prese con il mal di schiena, è un’altra storia.

21-23 giugno 2002

Nordend e Dufour dal Gornergletscher
La Cresta Sud che sale alla Nordend dalla Silbersattel