Nell’aprile del 2012 riparto da Splugen per la traversata del Piz Suretta, superba montagna sulla linea di confine. A Splugen, dove Marco S. e io pernotteremo, cerchiamo qualcuno che ci sappia indicare dov’è il Suretta, poiché le nostre deduzioni cartografiche in luoghi assolutamente sconosciuti hanno ogni tanto bisogno di alcune elementari conferme. Azzeccato al buio il punto corretto da cui iniziare la salita, arriviamo su in perfetto orario, nonostante il finale alpinistico di tutto rispetto. Peccato che dall’altra parte un compatto mare di nubi copra la valle in cui dovremmo scendere. Non resta che rinunciare e tornare al punto di partenza. E’ uno dei casi in cui mi è occorso di dover aspettare un anno per portare a compimento una singola tappa.
Nell’aprile del 2013, ritorniamo, Marco S. e io, sul luogo del misfatto, partendo dal più vicino versante italiano. Dal lago di Monte Spluga Saliamo al Suretta Joch, quindi continuiamo verso il Pass da Suretta e discendiamo la Val Niemet fino a Inner Ferrera. Dopo avere pernottato a Juf, in un caldo infernale, tormentati da un’invasione di mosche provenienti dalle stalle vicine, attraversiamo l’ardua Fuorcla de la Valletta e i più dolci Pas da Seit e Pas da Lunghin, per divallare su Majola con una rocambolesca discesa sotto inquietanti cascate in disgelo e lastroni solo parzialmente distaccati.
Nel marzo del 2014, riprendo la traversata verso i massicci del Piz d’Err e del Piz Kesch. Marco S. e io percorriamo il tratto da Maloja al Julier Pass attraversando il Piz d’Emmat d’Adaint (che belle montagne e che bei toponimi! Li avrei mai conosciuti?). Dal Julier Pass risaliamo poi la Val d’Agnel fino all’omonima sella e, prima di scollinare sulla Chamanna da Jenasch, saliamo la bella cima del Piz Surgonda. Con tempo incerto il giorno seguente traversiamo su Preda lungo il vallone di Mulix, dopo aver salito il Piz Laviner e scavalcato la Fuorcla da Bever. Sempre nel mese di marzo del 2014, ‘ingaggio’ due nuovi compagni, che spero di non bruciarmi come è capitato alcuni anni fa con Paolone, il quale, accompagnatomi nella tappa conclusiva per il Passo del Gottardo, mi congedò con una celebre frase in stretto piemontese: “T’in ciàpe pi nèn”, ovvero “Non mi acchiappi più”. Con Gianni e Pierino (giuro che non sono un nuovo duo comico) ci rimettiamo sul percorso salendo da Bergun (poco distante da Preda) alla Chamanna Digl Kesch. Da qui saliamo il giorno seguente l’impegnativo Piz Kesch. Dalla Chamanna Digl Kesch ci attende poi una lunga cavalcata attraverso la Val Funtauna, il Vadret da Grialetsch, il Piz Sarsura e la Val Sarsura per giungere a Susch. A metà aprile dello stesso anno, dal Pass dal Fuorn, Marco S., io e la new entry Marco B., giungiamo a S-charl scavalcando la piccola piramide del Piz Vallatscha tra festoni di neve polverizzata dal vento. Lasciamo S-charl sotto una leggera nevicata, poi il tempo migliora e, nonostante il ventaccio, ci togliamo la soddisfazione di salire il Piz Sesvenna prima di riparare nell’accogliente Sesvenna Hutte. Cielo pulito, vento e gran freddo ci accompagnano nella successiva salita alla Punta di Rassas da cui una lunga e entusiasmante discesa nella Valle Roia (omonima di quella a noi nota) ci deposita a pochi km del Passo di Resia, crocevia di tre confini, tra Svizzera, Italia e Austria.
Aprile del 2015. Partiamo in quattro per la quattro giorni nell’Otztal, da Melago a Solden. La chiusura del Rifugio Pio XI, privo di locale invernale, ci obbliga a salire direttamente da Melago. Carichi come somari, non ci vergogniamo del passaggio in motoslitta che l’albergatore di Melago ci offre fino all’imbocco della Vallelunga. La Palla Bianca, chimera sconosciuta, è lì, al fondo dell’interminabile vallone. Poiché salire la cima comporta più di 1800 m di dislivello, ci accontentiamo del Weisskugel Joch. All’Hochjoch Hospitz, dove ci fermiamo per la notte, ci confermano che il tempo dovrebbe mantenersi bello. Queste parole ci tirano subito su il morale e come per incanto sul tavolo si materializzano 4 birre. Il giorno dopo, qualche errore nell’individuare il corridoio di ingresso sul ghiacciaio ci rallenta un po’ la salita al Fluchtkogel, una magnifica ‘grand course’ sugli immensi ghiacciai dell’Otztal per raggiungere poi la Vernagt Hutte. Dal rifugio saliamo il giorno dopo al Brochkogel Joch, sferzati dal vento. Al termine del successivo traverso appare la doppia cima della Wildspitze, montagna maestosa e frequentatissima. C’è una lunga fila di sci alpinisti davanti a noi. I primi hanno già raggiunto la vetta sciistica, quella con un’enorme croce… e il vento non li ha spazzati via. Dunque possiamo provarci anche noi. E ci arriviamo. La discesa verso il Mittelberg Joch è entusiasmante, in un severo ambiente glaciale. Risaliti al Mittelberg Joch rinunciamo ad affrontare, nel pieno pomeriggio, il ripido canale Sud del Rettenbach Joch, che ci appare non propriamente sicuro, e anziché a Solden discendiamo a Mittelberg. Una saggia decisione a dispetto della linearità della traversata, che preferiamo concludere senza danni e senza stress. Nel Maggio dello stesso anno, con Marco B. raggiungiamo Solden per effettuare la traversata dello Stubai. Da Solden ci attende l’interminabile Windachtal al cui termine sorge la Siegerland Hutte con la sua deliziosa capanna invernale. Per traversare alla Mueller Hutte (Rifugio Cima Libera), scavalchiamo la Sonklar Spitze (Cima di Malavalle), un percorso impegnativo tanto in salita quanto in discesa. Il locale invernale della Mueller Hutte è letteralmente imprigionato nella neve, e liberare l’ingresso e l’unica finestra, in modo da non starci al buio come i topi, ci costa un bel po’ di fatica supplementare. Il giorno seguente saliamo a Cima Libera e discendiamo lungo la Roter Grat per mettere piede sull’Hangender Ferner. Grande senso di solitudine e di perdita dell’orizzonte, che solo i grandi spazi solitari sanno trasmettere. La Magdeburger Scharte è l’ultimo ostacolo per la Valle di Fleres. En passant saliamo l’Aglspitze. E poi giù nella Valle di Fleres fino a S. Anton, raggiunto nel tardo pomeriggio, con 31°, dopo un lungo tratto a piedi e dopo 12 ore dalla partenza. La Val di Fleres confluisce nell’alta valle dell’Isarco a pochi chilometri dal Brennero. Siamo arrivati alla nuova meta provvisoria che nel frattempo mi son dato. Ma la storia continua…