Aiguille de Bionnassay

Aiguille de Bionnassay, 4052 m. Via normale per la cresta est (Val Veny).

Caratteristiche: Magnifico percorso essenzialmente glaciale, in comune con la via normale al M. Bianco fino al Piton des Italiens. La cresta è spettacolare e panoramica. Se pur tecnicamente non difficile è molto affilata, esposta e aerea, e solitamente presenta delle cornici sul versante nord ovest. Essa va affrontata quando il Ghiacciaio del Dôme è ancora sufficientemente chiuso e sulla cresta non affiora ancora il ghiaccio.

Difficoltà: AD-

Dislivello: 1000 m

Carte: IGM 1:25.000 f. 27, Monte Bianco; IGN 1:25.000 f. 3531 ET Le Contamines-Montjoie; CNS 1:50.000 f. 46, Courmayeur.

Accesso: Aosta, Courmayeur, prima di Entreves imboccare la Val Veny che si segue fino a La Visaille, dove la strada è chiusa con una sbarra.

Avvicinamento: Il miglior punto di appoggio è il Rifugio Gonella, raggiunto con circa 1400 m di dislivello e un lungo spostamento. Da La Visaille, 1670 m, raggiungere il Lago Combal, 1970 m, salire sulla morena e seguirla fin quasi al suo termine. Con un breve ma ripido tratto in discesa mettere piede sul Ghiacciaio del Miage e percorrerlo lungamente, su pietrame e neve, seguendo segnalazioni e ometti sempre presenti, fino all’avancorpo detritico e roccioso. Un sentiero ben segnato e a tratti esposto lo risale con un ripido diagonale ascendente verso destra (alcuni tratti attrezzati con catene) fino al culmine dove sorge il Rifugio Gonella, 3072 m (5-6 h).

Salita: Dal Rifugio Gonella seguire una pista che, traversando ripidi nevai e roccette frammiste a terriccio franoso, con alcuni saliscendi conduce a un ripiano del Ghiacciaio del Dôme. Il ghiacciaio, sempre molto crepacciato, è normalmente segnato da una buona traccia. Salire un primo pendio con crepacci giungendo a un ripiano verso il centro del ghiacciaio. Rimontarne il ramo occidentale e aggirare, solitamente sul versante sinistro orografico, una zona fortemente tormentata, fino ad un falsopiano in vista del Colle delle Aiguille Grises. Superata la terminale risalire il ripido pendio (40-45°) che adduce al colle, 3811 m (2.30-3 ore). Seguire ora la cresta di neve e roccette fino al Piton des Italiens, 4003 m. Qui si abbandona la normale per il M. Bianco e si discende in direzione ovest un inclinato pendio di massi accatastati e poi una cresta nevosa fino al Colle di Bionnassay, 3888 m, da cui inizia la cresta est. Un primo tratto ripido conduce a uno spuntone di facili roccette. La traccia percorre poi il filo di cresta poco inclinato ma molto stretto o lo costeggia sul versante italiano. Prestare attenzione alle cornici. A circa metà sviluppo si trova la grande ‘meringa’ che offre un po’ di spazio e può rappresentare un buon punto nel quale effettuare gli incroci con le cordate provenienti nel senso opposto. Con un’ultima lieve impennata giungere in vetta (4052 m, 2-2.30 ore, totale 4.30-5.30 ore).

Discesa: Lungo l’itinerario di salita (3-3.30 ore fino al rifugio).

Fa’ la cosa giusta

Mentre arranco lungo l’affollata stradina che dalla sbarra di La Visaille sale al Lago Combal, intorno a mezzogiorno di un lunedì di luglio, mi domando se stia facendo la cosa giusta. Certo, so perché sono qui in Val Veny: Ale mi ha proposto l’Aiguille de Bionnassay dal Rifugio Gonella e io ho accettato. In effetti è da anni che ronzo attorno a quest’osso duro, senza riuscire ad afferrarlo. Mi ero immaginato di tentarne la salita dal Refuge Durier, dopo aver dormito una prima notte al Plan Glacier in modo da spezzare il grande dislivello. Quanto alla via dal Gonella, l’avevo invece scartata a causa dell’estenuante lunghezza del Glacier du Miage, che ben conosco per averlo percorso in passato quasi interamente un paio di volte. Ciononostante e benché quest’anno il mio allenamento non sia al massimo, ho risposto istintivamente ad Ale di sì, seguendo il principio per cui le buone occasioni, se possibile, è meglio non farsele sfuggire. Ma la domanda se stia facendo la cosa giusta continuerà a perseguitarmi per tutta la salita.

Lasciato l’asfalto e allontanatici dal lago Combal, il filo della morena, a tratti piuttosto sottile, mi fa immediatamente pensare a quell’altra cresta che fa capolino laggiù, come una chiglia di nave rovesciata protesa bianchissima nel cielo all’orizzonte.

Con grande sorpresa, il Ghiacciaio del Miage quest’anno somiglia ad un ghiacciaio: c’è un sacco di neve e la traccia, sfruttando il lato destro orografico dell’immenso bacino, riesce ad offrire una camminata perfino piacevole quasi interamente su neve anziché sull’instabile pietrame. Riesco così ad apprezzare il lento alternarsi di quinte rocciose e scoscesi canaloni e il graduale approssimarsi delle colate dei ghiacciai del Bianco e del Dôme che ci accompagnano fino ai piedi del promontorio roccioso su cui è eretto il Rifugio Gonella, in un ambiente selvaggio come pochi altri.

Sul promontorio il sentierino sfrutta i punti deboli della montagna fino all’ultimo tratto attrezzato con corde fisse e scalette che conduce al bellissimo nuovo rifugio, un vero nido d’aquila. Io arrivo bello cotto. Purtroppo non c’è molto tempo per riposare, praticamente è già ora di cena. C’è una gran quantità di gente, alcuni dormiranno su semplici stuoini nella sala da pranzo. Cosa che toccherebbe anche a noi, se non fosse per le doti ammaliatrici di Ale grazie a cui la gestrice riesce miracolosamente a trovarci una sistemazione in camerata.

Andiamo a dormire con le galline. Il giorno dopo lasciamo il rifugio naturalmente col buio. La via di salita inizia bruscamente con un lungo traverso su ripidissimi nevai e roccette franose, al cui termine mettiamo piede sul Ghiacciaio del Dôme. Ben presto ci troviamo sul bordo di un grande crepaccio, attraversato da un ponte largo meno di due spanne e lungo diversi metri su cui occorre stabilirsi, per di più, con un passo in discesa. Inevitabile buttare il fascio di luce della lampada e lo sguardo su quel che ‘non c’è’ al fondo del crepaccio. Ale mi fa sicura sulla piccozza, visto che la vite da ghiaccio cui preferiremmo affidarci non fa presa. Supero il ponte con un nodo di angoscia.

 Non sono in gran forma e nel lento progredire, cui Ale si adegua con stoicismo, combatto con il sonno e con pensieri disfattisti in cui mi immagino disteso in una conca del ghiacciaio a riposare. Con lunghi ghirigori, la traccia aggira altri spettacolari crepacci e, mentre albeggia, ci troviamo sul ripido pendio sotto il Colle delle Aiguille Grises.

Al colle sostiamo qualche minuto. Il sole illumina le Aiguilles de Trelatete, meravigliosa composizione di cime sospesa su un selvaggio abisso striato di canaloni e goulottes. Quasi a portata di mano sopra le nostre teste c’è il Piton des Italiens.

Lo raggiungiamo e da quassù la cresta est della Bionnassay appare come una lama ricurva e affilata, su cui scorgiamo muoversi un paio di cordate, figure piccole e lontane. Questa visione mi consente di percepirne le esatte dimensioni. Ma esercita su di me anche un singolare potere di attrazione: mentre una parte del cervello si interroga su come affronteremo gli incroci con le cordate che saranno già in discesa, non sto più cercando un posto dove riposare ma sono già lì sulla cresta.

Scesi al Colle di Bionnassay ci incamminiamo su una bella traccia di neve dura, benché non più larga di mezzo metro, dritta sul filo. Procedere in equilibrio non è tecnicamente difficile, la pendenza è sempre modesta, si tratta di una questione mentale. In alcuni tratti la pista corre a mezzacosta poco sotto il crinale sul versante italiano. E’ più stretta, ma consente di piantare bene la piccozza. Come mi diceva ieri sera una guida che non ama le creste nevose “Percorrerle è solo una questione di fede”.

Incrociamo la prima cordata in discesa circa a metà sviluppo, dalle parti della ‘meringa’, dove la cresta spiana e c’è un po’ di spazio. La seconda la incontriamo poco sotto la cima, per colmo di fortuna nell’unico punto in cui la traccia curiosamente si sdoppia per alcuni metri.

La cima è semplicemente il punto più alto della cresta, prima che essa inizi a inchinarsi sull’opposto versante. Non c’è un metro quadro in piano, ma ci si può sedere. Io, che più in basso cercavo un posto in cui riposare, mi rendo conto che il posto è quassù, esattamente dove mi sono fermato: una piccola conca larga quanto un vassoio, che sembra avere atteso proprio me. Mi accomodo, scarico lo zaino appoggiandovi la schiena e distendo le gambe. Tutte le ansie svaniscono. Pochi lunghissimi minuti di beatitudine. Il volto di Ale, seduto accanto a me, mi appare in uno scorcio bucolico e quasi inverosimile, proiettato sullo sfondo dei verdi prati di Les Contamines. Eccola, la bianca chiglia di nave rovesciata, sospesa tremila metri sulla verde valle di Chamonix. E ora sono convinto di avere fatto la cosa giusta.

In discesa, in alcuni punti la neve è già ammollata e qualche gradino tende a cedere. Raddoppiamo l’attenzione. Giunti al Colle di Bionnassay, a occupare ora i nostri pensieri non resta che il crepaccio al fondo del ghiacciaio. Mi dico che questa volta attraverserò il ponte a cavalcioni. Ma, passo dopo passo, ci troviamo ad uscire dal ghiacciaio, al termine del lungo filo d’Arianna della traccia, senza imbatterci nell’incubo di tutta la giornata. Com’è possibile? Parlando con la guida della sera prima, egli ricorda benissimo il ponte, che ha dovuto attraversare anche al ritorno, e gli sembra poco plausibile che esista un’altra traccia: è già tanto che ve ne sia una. Qualche angelo custode ci ha messo lo zampino.

9-11 luglio 2018

Ultimo tratto della Cresta Est dell’Aiguille de Bionnassay
Uno sguardo al Dôme du Goûter e al Monte Bianco dalla vetta dell’Aiguille de Bionnassay