Dent d’Hérens

Dent d’Hérens, 4171 m. Salita: cresta ovest o di Tiefenmatten; discesa: via normale per il versante sud-ovest (Valpelline).

Caratteristiche: Via poco frequentata, valida alternativa alla normale di cui è un po’ più difficile e cui si congiunge a poche centinaia di metri dalla vetta. Avvicinamento su ghiacciaio crepacciato, poi cresta di roccia solida o misto, con difficoltà discontinue e abbastanza contenute, infine pendio nevoso. La discesa avviene lungo la normale del versante sud-ovest per ripide roccette e cenge coperte di detriti mobili, spesso innevate, e poi per il vasto Ghiacciaio delle Grandes Murailles, solcato da larghissime fenditure. Gita grandiosa, in un ambiente completamente glaciale, non molto difficile ma lunga e faticosa, sia per lo spostamento sia per il notevole dislivello complessivo.

Difficoltà: AD-

Dislivello: 1400 m, di cui 350 m la cresta

Carte: CNS 1:50.000 f. 46, Arolla.

Accesso: Autostrada fino ad Aosta, da dove si svolta nella Valpelline che si risale fino alla diga di Place Mulin.

Avvicinamento: Partenza dal Rifugio Aosta, 2788 m, al fondo del selvaggio e lunghissimo vallone di Tza de Tzan, raggiunto in circa 4.30-5 ore dalla diga di Place Moulin, 1950 m. Dalla diga seguendo l’interpoderale pianeggiante si arriva alla località di Prarayer, in fondo al Lago di Place Moulin. Da qui inizia il sentiero segnato che costeggia il torrente ora su un lato ora sull’altro del lungo vallone. Il Rifugio Aosta, ricostruito nel 1995, si raggiunge infine con tratto attrezzato che percorre le rocce montonate da cui si è ritirato il Ghiacciaio Tza de Tzan. L’attacco della cresta è al Colle Est di Tiefenmatten, 3562 m.

Salita: Dal Rifugio Aosta, 2788 m, discesi sul ripiano detritico sottostante, si percorre lungo tracce di sentiero il filo della morena, erta e faticosa, fino a mettere piede sul ramo del Ghiacciaio delle Grandes Murailles che si stende tra la Tete de Valpelline e il Rocher Silvano. Sul ghiacciaio spostarsi gradatamente a destra e, intorno ai 3200 m, inoltrarsi in una zona ripida e fortemente crepacciata che si supera, generalmente, traversando da destra verso sinistra. Si esce così sul ripiano del ghiacciaio, poco distanti dalla cresta sud della Tete de Valpelline, ad una quota di circa 3350 m. Dirigersi in direzione E paralleli alla cresta di confine e, individuati facilmente i Colli Ovest ed Est di Tiefenmatten, salire al colle orientale, a destra di un caratteristico spuntone, percorrendo un ripido colatoio di roccette e terriccio (3562 m, 3 ore). La cresta di Tiefenmatten, di buona roccia e a modesta pendenza, si innalza con piccoli gendarmi arrotondati e brevi tratti affilati (qualche depressione, a seconda delle annate, può presentarsi nevosa). Risalirla interamente con arrampicata divertente e discontinua (passi di II e III), evitando eventualmente le maggiori asperità sul versante svizzero. Giunti ad una selletta, con un ultimo tratto nevoso la cresta si raccorda al pendio superiore della parete ovest-nord-ovest a circa 3900 m. Salire direttamente il pendio, poco inclinato, e in alto puntare alle più ripide roccette, solitamente innevate, della cresta nord-ovest che si segue fino all’anticima e poi alla stretta sommità della Dent D’Hérens (4171 m, 2.30-3 ore, totale 5.30-6 ore).

Discesa: Ripercorrere l’itinerario di salita per i primi 180 m di dislivello, fino ad un punto, lungo il margine sinistro del pendio ovest-nord-ovest, da cui è possibile scendere a sinistra nel versante sud-ovest, lungo il quale si svolge l’itinerario della normale. Percorrere con attenzione lo scosceso pendio di roccette mobili e cenge detritiche o nevose (pericolose per caduta di pietre e con molta neve), obliquando man mano a sinistra fino a toccare il margine superiore del ghiacciaio, qui piuttosto ripido. Abbassarsi sul ghiacciaio diagonalmente e superare la crepaccia terminale nel punto più favorevole, traversando verso la base della cresta sud-sud-ovest della Dent D’Hérens (circa 3850 m, 1.30-2 ore). Prima di giungervi svoltare a destra sul ghiacciaio, ora meno ripido ma tagliato da enormi fenditure che obbligano a lunghi aggiramenti (tracce spesso presenti). Si lascia a sinistra un’altra zona fortemente crepacciata e si prosegue in direzione ovest verso il plateau del Ghiacciaio delle Grandes Murailles, dove si incontrano le tracce di salita lungo le quali si torna al rifugio (1,30-2 ore, totale 3-4 ore).

Abbandonato e scomparso

I 4171 metri della Dent d’Hérens, piramide regolare che occhieggia al fondo della Valpelline, portano impresso il carisma della montagna himalayana. Se ne percepisce l’imponente respiro già percorrendo la selvaggia, lunghissima valle glaciale che da Prarayer sale al Rifugio Aosta. La rada pineta tra cui serpeggia il torrente dalle bianche acque spumeggianti, i pendii e le terrazze detritiche cosparse di cardi fucsia, steli verdi e fiori, poi l’interminabile morena in dolce salita verso la fronte del Ghiacciaio di Tsa de Tsan, che occorre infine attraversare, si susseguono in uno scorrere lento e grandioso.

Siamo in quattro ad arrancare verso il rifugio una mattina di inizio agosto. Il progetto è salire la Dent d’Hérens dalla cresta di Tiefenmatten. Ci sono i miei fratelli Fulvio e Pino, con i quali pratico la montagna da quando eravamo ragazzini e seguivamo papà su per i bricchi, e Giancarlo, comune amico da molti anni e compagno di varie avventure alpinistiche, flemmatico e scanzonato. Siamo accampati da qualche giorno in riva al lago di Bionaz per una breve vacanza di esplorazione alpinistica in Valpelline. La sistemazione forse non è delle più felici, visto che le zanzare all’imbrunire ci assaltano a nugoli del tutto refrattarie agli zampironi. Tuttavia nulla può ripagare l’addormentarsi mentre il fuoco si va spegnendo con il gracidare delle rane a conciliare il sonno.

Già a metà del lungo avvicinamento al rifugio Giancarlo lamenta fastidiose abrasioni ai piedi a causa degli scarponi nuovi ancora troppo rigidi. Il Rifugio Aosta è una rustica baita di pietra incustodita, con il tetto a livello del pendio, un solo piano fuori terra e una fila di finestrelle con gli infissi di legno scolorito. A occupare il rifugio c’è pochissima gente. Sfortunatamente le escoriazioni ai piedi di Giancarlo si rivelano peggiori del previsto ed egli decide che si fermerà qua.

Partenza alle tre, in tre. Una piccola fila di puntini luminosi si snoda contro il cielo scuro senza luna, tra i ciottoli instabili e i detriti scivolosi della ripidissima morena. Mentre inizia a schiarire, grazie a provvidenziali tracce attraversiamo il Ghiacciaio delle Grandes Murailles in un labirinto di seracchi e su esili ponti sospesi su neri abissi. Pino non si sente molto in forma, perciò rallentiamo il passo. Quando la pendenza si attenua giungiamo sul plateau sottostante la Tete de Valpelline.

La giornata è bella e fredda. Sotto i colli di Tiefenmatten, Pino decide di fermarsi, la forma non migliora e non vuole essere di peso. Si veste con tutto quel che ha, poi, con le piccozze e i martelli da roccia, scaviamo una depressione nel duro mantello del ghiacciaio dove lui si stende per proteggersi dal vento e pazientemente ci aspetterà.

Fulvio ed io proseguiamo per un ripido colatoio di roccette e terriccio rossastro che porta al Colle Est di Tiefenmatten. Sulla cresta la roccia è buona e la pendenza modesta, l’arrampicata, anche se discontinua e non facilmente proteggibile, è divertente. Evitiamo le maggiori asperità sul versante svizzero, scavalchiamo piccoli gendarmi arrotondati, percorriamo brevi tratti affilati, attraversiamo qualche depressione nevosa, di fronte al miraggio spettacolare della triangolare e ripida parete ovest-nord-ovest della Dent d’Hérens.

Viviamo momenti di grande entusiasmo, in perfetta solitudine, accompagnati soltanto dal vento che mantiene limpida la giornata e vispa la nostra attenzione. Giunti ad una selletta, la cresta si raccorda al pendio nevoso terminale della parete ovest-nord-ovest. Lo risaliamo fino alle ripide roccette finali lungo le quali giungiamo all’anticima e poi alla stretta sommità della Dent d’Hérens.

Sotto i nostri piedi sfugge la vertiginosa parete nord, un singolare mosaico di tegole incastonate nel ripidissimo pendio e impiastrate di neve ghiacciata. E dinanzi a noi il Cervino, una immensa e slanciata costruzione di roccia grigia, con lo spallone del Pic Tyndall a movimentare la sua splendente uniformità.

Scendiamo con cautela l’infido versante della normale, fino a toccare il margine superiore del ghiacciaio. Con un tiro di corda passiamo la terminale e poi compiamo ampi giri nella neve ormai molle per contornare ciclopici crepacci, col pensiero al fratello abbandonato sul ghiacciaio. Ma, giunti alla piazzola, la troviamo vuota.

Al rifugio troviamo Pino, annoiato e intirizzito, sceso legandosi ai primi, e peraltro unici, alpinisti che sono passati di là. Ci confessa di avere rimpianto di non essere rimasto al freddo ancora un po’ ad attendere il nostro ritorno: pare che gli amici, dei tedeschi schivi e taciturni, corressero con la corda in mano, saltando i più orridi buchi come innocue pozzanghere, con ai piedi delle semplici pedule. Da brivido.

Ricompattati nell’originale quartetto, dopo un breve riposo riprendiamo la discesa e lentamente, prima del tramonto, giungiamo alla nostra ‘500’ presso la diga di Place Moulin. La tenda del nostro campo base al lago di Bionaz non è più così lontana e nemmeno le zanzare, sicuramente già in agguato per quando tra poco sarà buio.

5-6 agosto 1979

In cima alla Dent d’Hérens; sullo sfondo il Cervino, con il suo versante Ovest
La selvaggia Parete Nord della Dent d’Hérens dal Ghiacciaio di Tiefenmatten