Dirrühorn o Durrenhorn

Dirrühorn o Durrenhorn, 4035 m. Via normale per la cresta sud-est dall’Hohbergjoch o Dirrüjoch (Mattertal); con gli sci.

Caratteristiche: Gita impegnativa e completa su una delle più belle creste delle Alpi al centro del gruppo dei Mischabel. Lungo avvicinamento glaciale (crepacci) e tratto alpinistico su neve o ghiaccio e poi su roccia o misto, se pure con difficoltà modeste. Nel canale, che deve essere in buone condizioni, prestare cautela per la sempre possibile caduta di sassi e l’eventuale presenza di cornici.

Difficoltà: OSA, PD+

Dislivello: 1200 m, di cui 350 il tratto alpinistico

Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel; CNS 1:25.000 f. 1328, Randa.

Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga; oppure autostrada di Aosta, Gran San Bernardo, Martigny. Da Briga o da Martigny percorrere la valle del Rodano fino a Visp e da qui prendere la Mattertal che si segue fino a St-Niklaus. Svoltare a sinistra e procedere verso Grächen, Gasen Ried e poi Shallbettu, al termine della strada.

Avvicinamento: Il punto di partenza è la Bordier Hütte, 2886 m, a 4-4.30 ore da Shallbettu, 1659 m. Da questa località seguire la riva destra orografica del torrente Riedbach (sentiero). Traversare il torrente su una passerella a 2010 m, risalire la morena dall’altra parte e con una leggera discesa in traverso a sinistra raggiungere lo Chalet Alpija, 2099 m. Proseguire lungo la morena o nella valletta alla sua destra, poi attraversare i pendii in pieno sud del Breithorn (pericolo valanghe e sassi) per mettere piede, intorno ai 2700 m, sul plateau del Riedgletscher. Compiere un ampio semicerchio a sinistra, raggiungere la base del risalto roccioso su cui sorge il rifugio e salirlo (all’inizio mancorrenti) fino alla Bordier Hütte, 2886 m.

Salita: Dalla capanna rimontare i pendii a sud-est del rifugio (segnalazioni), per portarsi sulla morena laterale del Riedgletscher. Percorrerla interamente e scendere a destra (~30 m dsl) per inoltrarsi sul ghiacciaio, poco sopra i 3050 m. Con largo giro verso sinistra per evitare una zona crepacciata dirigersi verso la base di uno sperone roccioso che scende dal Balfrin. Raggiuntolo (circa 3250 m), proseguire su un tratto di ghiacciaio ripido e di nuovo crepacciato per guadagnare i facili pendii superiori (3340 m). Risalirli in direzione dell’Ulrichshorn, quindi attraversare a destra (sud-ovest) la pianeggiante distesa glaciale (qualche crepaccio), lasciando sulla sinistra una incombente grande seraccata, e portarsi alla base del canalone del Hohbergjoch (o Dirrüjoch), ad una quota di circa 3650 m. Lasciati gli sci, superare la crepaccia terminale e risalire direttamente il ripido canale nevoso (250 m, 40-45°, finale a 50°, possibile cornice, pericolo di caduta sassi) sino al Dirrüjoch, 3916 m. In caso di necessità le rocce rotte della sponda destra (senso di salita) del canalone, non difficili (II e passaggi di II+) e attrezzate con fittoni metallici infissi ogni 20-30 metri, non sempre facili da trovare, essendo posizionati, in certi casi, molto a destra rispetto al canalone, utili per la sicurezza e per un’eventuale discesa in doppia. Dal Dirrüjoch risalire ora la cresta sud-est del Dirrühorn per blocchi rocciosi e qualche salto più ripido ed esposto (II+, III, possibile misto), restando sempre nei pressi del filo di cresta, fino alla vetta (4035 m, 4.30-5 ore).

Discesa: Si svolge lungo la via di salita (2.30-3 ore fino alla Bordier Hütte).

La cornice

Il Dirrühorn è l’ultimo ‘4000’ della Nadelgrat, il meno alto, il meno conosciuto, il meno frequentato. E’ anche il ‘4000’ della cresta che mi manca. E’ l’inizio di giugno. Il custode della Bordier Hütte mi conferma che l’avvicinamento da questo versante è ancora fattibile con gli sci. Grazie alla gran quantità di neve in quota, la copertura è buona e il canale dell’Hohbergjoch dovrebbe presentarsi nelle migliori condizioni, anche se non ha notizia che qualcuno l’abbia già percorso. La cresta finale, di modesto dislivello ma piuttosto lunga, dovrebbe essere facile. La discesa si svolge dalla stessa parte ed occorre intraprenderla per tempo data l’esposizione del canale. Il meteo previsto è favorevole.

Partiti con gran buona volontà da Torino ad un’ora antelucana, Paolo ed io ci vediamo costretti a parcheggiare dalle parti di Omegna perché stiamo entrambi per addormentarci. Risvegliatomi ad un certo punto e preso il volante, in qualche modo riesco a condurci a destinazione. 

Giunti a Schallbettu, ci incamminiamo lungo il bucolico sentiero dal fondo reso vellutato dagli aghi di larice, salendo per un’ora e mezza con gli sci a spalle nel bosco di conifere. Valicati prima il torrente e poi la morena, mettiamo e togliamo un paio di volte gli sci prima di inforcare i raccordi giusti verso il ghiacciaio. E viene il momento di giungere finalmente alla Bordier Hütte, dando le spalle a una spettacolare cascata di seracchi che sembra ostruire completamente il vallone, dietro cui si staglia tutta la Nadelgrat. Alla capanna non siamo gli unici con gli sci.

Il giorno successivo ci avviamo dalla capanna col piccolo gruppo di scialpinisti che sono diretti al Nadelhorn poi, ‘soli verso l’ignoto’, traversiamo il vasto plateau del Riedgletscher e, andando di buon passo, arriviamo in tempo record alla base del canale dell’Hohbergjoch, dove lasciamo gli sci. Una tavolozza di colori si accende sulle immacolate pareti della Nadelgrat, escluso il Dirrühorn, arcigno e incazzoso già di nome, completamente scuro e roccioso di fatto, la vera pecora nera del quartetto. Il nostro canale, che dà accesso alla cresta sud-est, nei due terzi superiori si trasforma in una sorta di sinuosa goulotte, larga non più di due metri, ma ben colma di neve. L’ambiente quassù appare ancora invernale, anzi fin troppo, tanto che una bella cornice fa capolino beffarda a chiudere in alto il couloir.

Sulle rocce che fiancheggiano a destra il canale ci sono dei fittoni di calata. Dico a Paolo “Diamoci un tempo massimo, alla peggio una via di fuga ce l’abbiamo”. In cima al couloir, sulle rocce che sostengono la cornice, alta qui solo un paio di metri, individuiamo un ultimo fittone. Mi ci vuole più di un’ora per passare quei pochi metri, facendo strane acrobazie: piantare viti psicologiche nel muro poroso della cornice, strisciare sotto il suo viscido soffitto, raggiungere il fittone, ancorarmi, gradinare sul successivo muretto di neve tipo granita, infilare ancora una vite come nel burro, tagliare a piccozzate la cornice nel suo punto più basso e ribaltarmi senza fiato sul ripiano dell’Hohbergjoch, quando ormai sarebbe tempo di iniziare a scendere.

Non vogliamo però rinunciare adesso alla vetta, che sulla carta dovrebbe distare non più di mezz’ora. A divertenti torrioni rocciosi si alternano lunghi tratti di cresta orizzontale di neve marcia su un lato e ghiacciata sull’altro, dove ci tocca procedere con cautela. Morale, un’ora ad andare e un’altra ora a scendere.

Scovato un provvidenziale fittone poco sopra il colle, che prima ci era sfuggito, con una prima doppia ci togliamo dalla cornice. Altre tre doppie su neve marcia e roccette e le corde sono completamente fradice. Proseguiamo slegati giù nel canale e arriviamo agli sci con ‘appena’ tre ore di ritardo sulla nostra tabella.

Mentre finalmente rifiatiamo, viene giù, silenziosa, la cornice. In un attimo si forma una slavina, altrettanto silenziosa e pesante. Circa a metà canale, questa si divide inspiegabilmente in due colate, che scendono una a destra e l’altra a sinistra a una decina di metri da noi. Il moto lento della neve, la geometrica spartizione del caos, il trovarci isolati su questa piazzola, ci paralizza. E’ ora di andare.

13-14 giugno 2009

Hohberghorn e Dirrühorn, con il canale che sale all’Hohbergjoch, dal Riedgletscher
Il Weisshorn dai pressi della cima del Dirrühorn