Dom de Mischabel

Dom de Mischabel, 4545 m. Via normale per il versante nord da Randa (Mattertal)

Caratteristiche: Lunga ascensione di carattere prettamente glaciale e tecnicamente facile sulla cima più alta dei Mischabel. Avvicinamento altrettanto lungo, non facilitato da alcun impianto. Gita quindi complessivamente impegnativa. Prestare attenzione alla possibile caduta di seracchi nel tratto successivo al Festijoch e ai problemi di orientamento in caso di cattivo tempo.

Difficoltà: PD-

Dislivello: 1600 m

Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel; CNS 1:25.000 f. 1328, Randa.

Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga; oppure autostrada di Aosta, Gran San Bernardo, Martigny. Da Briga o da Martigny percorrere la valle del Rodano fino a Visp, qui svoltare nella Mattertal e seguirla fino a Randa.

Avvicinamento: Il punto di partenza è la Dom Hütte, 2940 m, a 4.30-5 ore da Randa, 1406 m. Dal paese seguire il sentiero per l’Europa Hütte e abbandonarlo a un bivio verso i 2200 m (2.30 ore) per proseguire a destra. Tra i 2400 e 2750 m si superano alcuni speroni rocciosi su percorso in parte attrezzato con funi metalliche, gradini artificiali e un paio di scalette. Al termine di questo tratto in breve si giunge al rifugio (2-2.30 ore, totale 4.30-5 ore).

Salita: Dietro la Dom Hütte, 2940 m, seguire una traccia segnalata da ometti che, su terreno morenico disagevole, conduce al Festigletscher (circa 3250 m, 1 ora). Risalire il ghiacciaio, a tratti crepacciato, tenendosi sulla sinistra fino ai piedi della piccola sella del Festijoch, 3729 m, cui si giunge superando brevi passaggi di facile arrampicata (I-II, alcuni spit di sicurezza, 1.30 ore). Da qui scendere pochi metri sull’altro versante (scaletta in legno) per inoltrarsi sull’Hohberg Gletscher che si percorre transitando inizialmente sotto una grande seraccata (pericolo di scariche di ghiaccio) e poi puntando al Lenzjoch. Poco prima di questo colle volgere a destra e risalire i pendii sottostanti la cima tra qualche crepaccio fino ad un colletto a destra della stessa. Seguendo l’ultimo tratto della cresta ovest, circa 40°, si giunge in breve alla vetta (3-3.30 ore, totale 5.30-6 ore). In alternativa si può seguire la più diretta e poco più difficile cresta nord-ovest, o Festigrat, che si innalza dal Festijoch e presenta un primo tratto con qualche affioramento roccioso per divenire poi completamente nevosa fino sotto la vetta, dove si congiunge alla normale (PD+).

Discesa: Per l’itinerario normale di salita (3-3.30 fino al rifugio).

Il seracco

A Randa il tempo è brutto: ci sono nubi basse, piove e spiove. Rimandiamo per un po’ la partenza, infine ci incamminiamo. Con Paolo, Atz, Alberto, Ezio e Lino siamo diretti alla Dom Hütte. La meta è il Dom de Mischabel, per tutti semplicemente ‘il Dom’, uno dei giganti del Vallese la cui salita, priva di qualsiasi ausilio meccanico, rimane una delle più lunghe, anche se non delle più impegnative, della zona: quasi 3200 metri di dislivello complessivi. Se le condizioni lo consentiranno, ci piacerebbe salire la cresta nord-ovest della montagna, la Festigrat, più diretta e interessante della via normale e non molto più difficile. Incontriamo alcuni connazionali che scendono con le pive nel sacco per il maltempo e lamentano il trattamento burbero della gestrice e il cibo schifoso alla Dom Hütte. Prendiamo poche gocce di pioggia e quando le nebbie paiono finalmente sollevarsi ci concediamo uno spuntino all’inizio delle rocce attrezzate con corde fisse.

Arrivati alla capanna, la terribile gestrice ci riserva un’accoglienza molto cordiale. Deliziandomi nel sonnellino pomeridiano, riconosco quanto il rifugio rappresenti l’approdo sicuro, il luogo dove rinsaldare le membra e lo spirito. A cena il pasto è più che dignitoso: una zuppa densa e gustosa, riso con carne di montone e verdure crude per contorno.

Affrontate alla luce delle frontali, le morene sono ancora più faticose che alla luce del sole. Con sollievo giungiamo relativamente in fretta all’inizio del ghiacciaio, dove calziamo i ramponi e ci leghiamo in due cordate. Poco per volta schiarisce e con la luce saliamo le roccette che adducono al Festijoch. Qui improvvisamente ci accoglie un vento bestiale, forte e freddo. Abbiamo il nostro daffare a cercare un po’ di riparo per vestirci. Intanto scorgiamo due cordate che ripiegano dal gendarme roccioso all’inizio della Festigrat. Decidiamo seduta stante di rinunciare anche noi alla cresta e seguiamo le tracce della normale.

Mentre traversiamo sotto l’imponente seraccata, alte velature coprono per lunghi momenti il sole, che infine ha la meglio e sui candidi pendii glaciali, interrotti solamente da qualche facile crepaccio, brilla la neve fresca caduta ieri. Il vento solleva uno sfolgorio di cristalli contro il cielo ora perfettamente azzurro. Uno spettacolo. La catena della Nadelgrat è a un passo, poco più lontana la larga piramide isolata del Wheisshorn e, spostando lo sguardo di qualche grado, le tetre pareti nord del Cervino e della Dent d’Hérens.

L’ultimo tratto in cresta è piuttosto ripido e battuto da raffiche violente. Quando tocchiamo la cima il vento non dà tregua. Uno sguardo circolare all’immenso panorama, dove è ora comparso anche il Taschhorn, e scendiamo.

Ormai in vista del Festijoch, ci troviamo a correre sul ripiano del ghiacciaio come dannati, con il cuore in gola, appena dopo che un bel pezzo del famoso seracco ha deciso di mollare gli ormeggi per fracassarsi sulla traccia poche centinaia di metri davanti a noi. Ci riuniamo tutti al Festijoch, dove il respiro finalmente si calma, e ci guardiamo l’un l’altro quasi increduli. Anche il vento decide di placarsi e ci sdraiamo sulle rocce piatte del colle a ricevere come una benedizione i caldi raggi del sole.

Una volta al rifugio, Ezio, Paolo, Lino e Atz decidono di scendere direttamente a valle, io e Alberto ci fermiamo qui. La lunga discesa sarà per domani. La sera ci facciamo lasciare dalla gestrice, disponibile anche in questa circostanza, un bricco termico con del tè e il necessario per la colazione, in modo da essere liberi sull’orario di partenza.

Quando iniziamo la discesa verso valle, dallo strato di nubi che lambiscono la Dom Hütte ogni tanto sbucano le alte cime del Vallese. Poi vengo catturato dall’asprezza primitiva dei canaloni e degli speroni tra cui si snoda il sentiero attrezzato, dalle acque che scendono in decine di rivoli, dal bosco, il silenzio, i fiori, soggetti cui, malato di alpinismo, non pongo solitamente più di tanto attenzione. Ma l’immagine del seracco frantumato si sovrappone con insistenza al tranquillizzante viatico della bucolica discesa.

 24-26 luglio 2004

Il versante settentrionale del Dom de Mischabel su cui si svolge la via di salita
Salendo lungo la normale al Dom