Gran Paradiso

Gran Paradiso, 4061 m. Via normale dal Rifugio Chabod (Valsavarenche); con gli sci.

Caratteristiche: Ascensione su uno dei pochi ‘4000’ interamente in territorio italiano, classica e molto frequentata alternativa alla normale dal Rifugio Vittorio Emanuele, cui si congiunge alla Schiena d’Asino. Itinerario molto attraente sia per la vista sulla splendida parete nord del ‘Granpa’, sia per il severo percorso sul Ghiacciaio di Laveciau, alpinisticamente interessante e più o meno crepacciato a seconda della stagione e delle annate. Pendio ripido finale, poi breve cresta aerea con un singolo passaggio su roccia o misto per arrivare alla Madonnina. Ascensione abbastanza lunga, con scarsi pericoli oggettivi ma problematica con scarsa visibilità.

Difficoltà: BSA, PD-

Dislivello: 1350 m

Carte: IGM 1:25.000 f. 41, Gran Paradiso; Fraternali 1:25.000 f. 27.

Accesso: Lungo l’autostrada da Aosta a Courmayeur uscire a Aosta Ovest – Aymavilles. Proseguire sulla statale in direzione di Courmayeur. Appena superata la località di Villeneuve, al bivio per Introd-Rhêmes-Valsavarenche svoltare per Introd. Al bivio successivo, prendere per la Valsavarenche e salire fin quasi al fondo della valle. Un paio di km prima dell’ultima frazione, Pont Valsavarenche, è visibile sulla sinistra, in località Pravioux, il parcheggio con cartello indicatore.

Avvicinamento: Punto d’appoggio è il Rifugio Chabod, 2710 m. Spesso, nella stagione adatta, la salita al rifugio è già priva di neve almeno nella prima parte di ripido bosco. Dal parcheggio, 1834 m, imboccare il bel sentiero che, attraversato il Torrente Savara, passa accanto all’Alpe Previoux e quindi sale a tornanti nel bosco di larici. Con tre lunghe diagonali (sinistra, destra poi sinistra) si tocca l’Alpe Lavassey, 2195 m. Con un’ulteriore diagonale verso sud portarsi fuori dal bosco sulla costa Savolere e risalirla (direzione est) sino a circa 2600 m. Quindi dirigersi a sinistra portandosi verso la bastionata rocciosa. Da qui risalire la cresta che conduce al Rifugio Chabod, 2710 m (dislivello 900 m, poco meno di 3 ore).

Salita: Dal Rifugio Chabod, 2710 m continuare sui dossi e valloncelli morenici in direzione della Becca di Montandayne sino a una quota di circa 3100 m. Da qui iniziare un lungo traverso ascendente a destra, transitando sotto il Piccolo Paradiso e poi sotto la parete nord del Gran Paradiso, per entrare intorno ai 3400 m nel vallone del Ghiacciaio di Laveciau. Risalire il ghiacciaio destreggiandosi tra i crepacci in un ambiente bellissimo fino a circa 3700 m, dove si pone piede sul dosso glaciale denominato Schiena d’Asino, ricongiungendosi alla normale proveniente dal Rifugio Vittorio Emanuele. Salire a monte del dente roccioso della Becca di Moncorvé e, superata una prima crepaccia, salire a sinistra il ripido pendio (35°) che conduce ai piedi della cresta finale. Lasciare qui gli sci, scavalcare la seconda terminale e, per roccette di misto, con un passo esposto di II+ toccare la Madonnina di vetta, 4061 m (4-5 ore).

Discesa: Lungo la via di salita (1.30-2.30 ore fino al rifugio).

Il battesimo

Ezio, amico fraterno, e Antonio sono miei assidui e affiatati compagni di gite in questi anni. Da non molto abbiamo conosciuto Paolo, un ragazzo entusiasta che scia in pista e ha già messo un paio di volte le pelli di foca su brevi itinerari, e pensiamo di coinvolgerlo nelle nostre escursioni di scialpinismo. Gli proponiamo una gita un più impegnativa con partenza dal Rifugio Bezzi: la traversata della Becca di Giasson. Questa prima ascensione su ghiacciaio, a parte la notte trascorsa sui tavoli della sala da pranzo del rifugio a causa del gran pienone, va a meraviglia e si conclude con una magnifica sciata su velluto primaverile. L’esaltazione di Paolo ci induce a provare insieme a lui, prima che la stagione chiuda per mancanza di materia prima, un progetto più ambizioso: il ‘Granpa’, come viene familiarmente chiamato il Gran Paradiso, che io ho già scalato più volte a piedi ma non ancora con gli sci.

Pensiamo di effettuare la salita dal Ghiacciaio di Laveciau utilizzando il nuovo Rifugio Chabod. Poiché la stagione è ormai molto avanzata, ci tocca portare gli sci a spalle fino a duecento metri sotto il rifugio, ma da lì in su l’aspetto della montagna è quasi invernale: i pendii sono coperti da mezza spanna di neve recente e sul ghiacciaio i crepacci sono ancora tutti ben chiusi. Il rifugio è già agibile, anche se alcune pareti sono ancora da rivestire ed è rimasta una baracca di legno utilizzata come appoggio durante i lavori di costruzione. Proprio perché siamo quasi fuori tempo massimo c’è pochissima gente.

All’aurora lasciamo il rifugio da soli, mentre la parete nord del Granpa sta schiarendo, azzurra e uniforme come un biliardo. Infiliamo il vallone di Laveciau mentre grossi cristalli di neve recente brillano sul bordo dei seracchi tra cui ci apriamo la strada. L’ambiente glaciale in cui ci inoltriamo, privo di tracce, ci trasmette il senso potente della natura selvaggia e incontaminata, in una giornata splendente appena disturbata dal vento. Usciti dal ghiacciaio sulla Schiena d’Asino, Paolo accusa una forte spossatezza. Sarà la prima volta su un ‘4000’, o un allenamento non perfetto, o semplicemente una giornata no, fatto sta che, nei pressi del dente roccioso della Becca di Moncorvé, decide di fermarsi ed aspettarci. Scaviamo una nicchia nella neve dove Paolo possa ripararsi. Lo lasciamo tutto imbaccuccato e proseguiamo sul pendio sopra la prima terminale. Anche dal versante del Rifugio Vittorio Emanuele non è salito nessuno e il pendio è completamente intonso. Tracciamo il percorso, scegliendo la pendenza e decidendo dove curvare: un’esperienza che esalta il rapporto diretto tra noi e la materialità dell’ambiente.

Lasciamo gli sci alla seconda terminale, saliamo coi ramponi a toccare la Madonnina e scendiamo subito per recuperare il nostro amico. Avvicinandoci ci accorgiamo che dalla nicchia in cui lo abbiamo lasciato si origina una profonda trincea circolare: Paolo, di cui ormai emerge solo il busto, sta girando in tondo per combattere il freddo, neanche lo avessimo legato a un palo come un asino. Non è tanto spiaciuto per la vetta mancata, quanto ansioso di scendere. Ci saranno molte altre occasioni in cui potrà rifarsi. L’importante è che si sia ripreso bene. Calza anche lui gli sci e ripartiamo di nuovo in quattro. Ripassiamo sotto la nord del Granpa mentre le creste fumano, rivestite di lunghi pennacchi che ne orlano il profilo contro il cielo blu. Paolo lancia ululati di irrefrenabile godimento mentre raccorda curve perfette nella mezza spanna di polverino.

7-8 giugno 1986

Il colletto tra il Gran Paradiso e il Roc