Mönch, 4099 m. Cresta nord-est (Valle della Lutschine, Oberland).
Caratteristiche: Percorso misto, con tratti su roccia e tratti su ripidi pendii e creste nevose. Avvicinamento molto breve e dislivello limitato. Discesa lungo la via normale, facile. Ascensione varia, divertente e non molto impegnativa che si svolge al cospetto dei ghiacciai più vasti delle Alpi, tra cime glaciali slanciate e scoscese. Panorama su tutte le vette dell’Oberland, in particolare sul vicino e famoso Eiger e i più discosti e meno famosi Schreckhorn e Lauteraarhorn.
Difficoltà: AD
Dislivello: 450 m, di cui 250 la cresta
Carte: CNS 1:50.000 f. 5004, Berner Oberland.
Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga. Conviene lasciare l’auto a Briga e proseguire in treno per Interlaken e poi Grindelwald. Altrimenti proseguire in auto da Briga fino al Grimselpass e poi a Interlaken e Grindelwald. Da qui prendere il trenino a cremagliera fino allo Jungfraujoch.
Avvicinamento: Partenza dalla Mönchsjoch Hütte, 3650 m, raggiunta dallo Jungfraujoch, 3450 m, su facile pistone battuto (0.45 ore).
Salita: Dalla Mönchsjoch Hütte, 3650 m, scesi al Mönchsjoch, traversare in piano verso nord ai piedi di un ripido pendio glaciale. Risalirlo (possibili crepacci) raggiungendo la soprastante cresta nevosa ad una sella. Da qui salire il ripido dosso nevoso iniziale che muore alla base di una cordonatura di rocce rossastre. Scalarle interamente ponendo attenzione alle pietre instabili (II-III) Spostarsi a destra e salire un breve canale di neve o ghiaccio (45°) traversando poi ancora a destra. Portarsi alla base dell’ultimo risalto roccioso che si vince con un passo delicato (III) protetto da un chiodo. All’uscita si risale un’estetica crestina nevosa, sottile e ripida (40°), che porta sulla spalla dove ci si congiunge alla via normale. Seguire la cresta finale, poco ripida ma con cornici sul versante nord est, fino alla vetta del Mönch, 4099 m (3-4 ore).
Discesa: Si svolge lungo la normale della cresta sud-est (PD). Ripercorrere la cresta sommitale, discendere un ripido dosso dove compaiono dei fittoni di sicurezza (40°). Seguono un tratto di facili rocce (I-II) e una cresta di neve. In breve si è al piede della cresta. A sinistra in pochi minuti si raggiunge il rifugio (1-1.30 ore).
Jungfrau, 4158 m. Via normale (Valle della Lutschine, Oberland).
Caratteristiche: Un’ascensione che rappresenta l’approccio ideale alle montagne dell’Oberland, offrendo un percorso vario e interessante su una cima bella e panoramica. Lunghi tratti glaciali su pendii a tratti ripidi, un breve passaggio roccioso, evitabile, e il finale su misto facile. Un unico breve tratto esposto e potenzialmente pericoloso. Gita non molto impegnativa.
Difficoltà: PD
Dislivello: 900 m, più 200 m di risalita allo Jungfraujoch
Carte: CNS 1:50.000 f. 5004, Berner Oberland.
Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga. Conviene lasciare l’auto a Briga e proseguire in treno per Interlaken e poi Grindelwald. Altrimenti proseguire in auto da Briga fino al Grimselpass e poi a Interlaken e Grindelwald. Da qui prendere il trenino a cremagliera fino allo Jungfraujoch.
Avvicinamento: Partenza dalla Mönchsjoch Hütte, 3650 m, raggiunta dallo Jungfraujoch, 3450 m, su facile pistone battuto (0.45 ore) o direttamente dallo Jungfraujoch.
Salita: Dalla Mönchsjoch Hütte, 3650 m, ritornare allo Jungfraujoch. Da qui scendere lungo lo Jungfrau Firn fino a un plafond a circa 3250 m. Volgere a destra e salire per dossi nevosi alla base della cresta est del Rottalhorn. Scalare con un breve tiro di corda lo sperone roccioso con pluviometro per una larga fessura (II). Questo passaggio si può anche aggirare andando a sinistra su neve ripida. All’uscita dello sperone roccioso compiere una lunga traversata in leggera salita su cenge e sfasciumi che conduce sul dosso glaciale che sale verso il Rottalhorn. Percorrerlo e, superata l’eventuale terminale, affrontare il ripido pendio glaciale (fino a 40°) che porta alla Rottal Sattel, 3885 m. Da qui seguire per un tratto la nevosa cresta sud-ovest quindi traversare a sinistra, nel punto più favorevole, un ripido pendio canale, molto esposto e pericoloso in presenza di ghiaccio (40°, fittoni metallici). Salire il successivo pendio di rocce e neve che conduce in vetta alla Jungfrau, 4158 m (40°, I-II, fittoni metallici, totale 4-5 ore).
Discesa: Si svolge per l’itinerario di salita, compresa la risalita allo Jungfraujoch (2.30-3 ore).
Quotazioni a 90°
Ricostituito il fortunato trio del Bernina con Paolo e Atz, cerchiamo di sfruttare l’inizio di agosto quando l’anticiclone delle Azzorre sembra aver messo finalmente la testa a posto. Paolo e Atz, miei fedeli compagni, sono per me come due fratelli minori, per la loro generosità, il calore, l’entusiasmo e la determinazione. Con imperdonabile paternalismo mi viene da pensare a loro come ai pards di Tex Willer. Me lo perdonano, sentendosi un po’ i virgulti della vecchia radice che sarei io. Propongo loro una tre giorni nell’Oberland: “terra alta”, lontana, costosa e ostica. Le vette del Mönch e della Jungfrau, non troppo impegnative, si prestano come banco di prova ideale per il nostro ingresso nel massiccio.
Mi procuro un po’ di documentazione sulle due vie normali e sulla cresta sud-ovest del Mönch, caso mai un particolare stato di grazia stimolasse le nostre velleità arrampicatorie. Puntiamo al primo week end utile e prenoto per due notti alla Mönchsjoch Hütte. Nel frattempo l’anticiclone decide improvvisamente di ritirarsi e di lasciare il campo a una perturbazione il cui margine attraversa precisamente la Svizzera Tedesca, con al centro l’Oberland. Le previsioni perciò restano incerte. Ciononostante decidiamo comunque di partire: la sacca dei ‘4000’ quest’anno è ancora vuota.
Lasciamo Torino con il cielo grigio e in testa il martellamento televisivo che fa della partenza degli Italiani per le vacanze (con il corollario del numero di morti sulle strade) il momento topico dell’estate. Mi pongo risolutamente alla guida, ma in capo a un’oretta devo mollare il volante e, come già visto in altri film, cado profondamente addormentato. Il viaggio fila talmente liscio e senza rallentamenti nemmeno alla frontiera che gli amici mi svegliano direttamente a Grindelwald, mitica località alla base della più mitica delle pareti, la nord dell’Eiger. Luogo di per sé non proprio ridente, questa dovrebbe essere tuttavia altamente spettacolare, se ad accoglierci non ci fosse lo stesso cielo grigio della partenza, per cui la parete non si vede.
Troviamo parcheggio addirittura di fronte alla stazione del trenino della Jungfrau. Anche il convoglio non è molto affollato, ci sono un gruppo di italiani con zaini e piccozze e alcuni turisti giapponesi. Alla Klein Sheidegg, dove si cambia treno, pioviggina. Imboccata la lunga galleria, il treno fa un paio di fermate, alle finestre sulla nord (nebbia) e alle finestre sulla est (nebbia), di modo che tra cambio e soste il viaggio dura circa due ore.
Finalmente dallo Jungfraujoch ci affacciamo sulla spianata del più vasto ghiacciaio delle Alpi che, con una larghissima curva in leggera discesa, si stende a perdita d’occhio nella foschia del sud. Le dimensioni Himalayane dell’Aletsch Gletscher sgomentano. Mentre gli altri italiani vi si incamminano diretti alla Konkordia Hütte, noi ci avviamo con zaini traboccanti di vettovaglie, incluse due bottiglie di vino, lungo il pistone che sale dolcemente alla Mönchsjoch Hütte. Scopriamo il rifugio essere una moderna costruzione curiosamente appollaiata su palafitte al riparo di uno scudo verticale di rocce poco sopra il Mönchsjoch. Giusto il tempo di entrare in rifugio e inizia a nevischiare.
A cena mi lascio sedurre dalla cucina svizzera d’alta quota, cosa che, detta così, lascerebbe allibiti. E’ che non riesco a resistere alla tentazione di un piatto di veri spaghetti eccezionalmente ben cotti. E peccato se sono al ragù, non proprio la mia passione. Atz e io li assaggiamo. Sarà che accompagniamo il piatto con il nostro vino, sta di fatto che, dimenticate le vettovaglie nostrane portate fin lì, facciamo pure il bis. Salvo poi, al momento di coricarmi, lamentare qualche subbuglio intestinale e un vago peso sullo stomaco. Il mal di testa non mi abbandona per tutta la notte e per di più sono costretto a due sortite sotto le gelide sferzate del vento per raggiungere la famosa sedia col buco, pronta ad accogliere i resti dell’appetitoso ragù.
Le previsioni sono sotto il segno della variabilità, tuttavia, avendo in programma la Jungfrau, ci siamo prenotati per il primo turno della colazione. Ma a quell’ora nevischia e la visibilità è praticamente nulla. Per fortuna, visto che non mi sento granché bene. Solerte, vado ad avvertire la gestrice, come da lei richiesto, che rimandiamo la colazione di un paio d’ore. Al nuovo risveglio nevischia ancora. Torno dalla gestrice per avvertirla che rimandiamo ancora di un’ora, ultima chance per aver servita la colazione, dopo di che non c’è scampo.
All’ennesima sveglia, mi sento decisamente meglio e fuori c’è finalmente il sole. E’ tardi per la Jungfrau, ma non per il Mönch. A colazione con noi ci sono una guida valdostana con due giovani clienti italiani. Se anche loro sono ancora qui, andranno certamente al Mönch. Del resto è rimasta poca gente, quasi tutti sono già partiti. Consulto un’ultima volta la relazione mentre il trio si avvia dirigendosi verso la cresta nevosa che inizia poco oltre il Mönchsjoch. Ci incamminiamo senza indugio dietro alle tracce della guida.
La pista contorna alcuni crepacci, poi affronta un ripido pendio spolverato di neve fresca caduta nella notte e sale alla base di una crestina rocciosa che in alto si unisce a una spalla. Le rocce, di un bel colore rosso, non molto ripide, sono però costituite in gran parte da scalini rovesci coperti di neve. Spesso incappiamo in pietre mobili e appigli poco solidi. Mi aspettavo qualcosa di più semplice per essere sulla via normale. Abbiamo lasciato al rifugio i caschi e le protezioni veloci che avevo portato nell’eventualità di salire la cresta sud-ovest. Adesso servirebbero, mentre ho soltanto cordini, fettucce e moschettoni. Eppure siamo ben sulla via normale… o no? Se non altro beneficiamo delle tracce dei nostri predecessori che ora procedono lungo un ripido canalino ghiacciato. La preoccupazione cresce se pensiamo che di qua dobbiamo anche scendere.
Procediamo a brevi tiri, assicurandoci agli spuntoni, mentre alle nostre spalle, nel cielo ora completamente terso, si scoprono gli altri splendidi ghiacciai dell’Oberland. Man mano che saliamo scorgiamo sempre più nitidamente, sulla lunga cresta nevosa sommitale, un gran via vai di gente che certo non è salita né scende di qua. Il pensiero che abbiamo sbagliato qualcosa si fa sempre più lampante. Superato l’ultimo risalto con un passo delicato protetto da un chiodo, ci troviamo a percorrere una breve, sottile e ripida crestina di neve, festonata di cornici, che conduce a una spalla.
Sul displuvio finale si cammina tra due abissi imbiancati. Quando tocchiamo la cima sono già tutti scesi. La vista è grandiosa ma il vento ci sospinge alla discesa. Dalla spalla le tracce discendono un ripido e candido pendio dopo il quale si delinea la cresta di misto della normale. Intanto il meteo repentinamente cambia e ci troviamo nella nebbia, ma la via è evidente e senza problemi giungiamo al fondo della cresta, a una decina di minuti dal rifugio, esattamente dalla parte opposta a quella da cui siamo partiti.
Alla Mönchsjoch Hütte ci rilassiamo con una bella dormita per presentarci a cena lucidi quanto basta da resistere con fermezza ad ogni tentazione culinaria indigena. Dai compagni di stanza svizzeri, che possiedono la locale ‘Guida dei Monti’, apprendo che la cresta salita oggi è la nord-est, valutata di III. Tutto torna e sono molto orgoglioso della nostra performance, un po’ meno di avere sbagliato rotta di 90° andando fiducioso dietro alla guida. Accertato questo, le mie quotazioni presso i pards sono a un minimo storico.
Le previsioni per domani sono identiche a quelle di oggi. Se vogliamo tentare la Jungfrau e rientrare in Italia in giornata dobbiamo partire il prima possibile. Quando suona la sveglia per il primo turno della colazione, il cielo appare chiuso da uno strato di nubi alte, ma le cime sono scoperte, non nevica e ogni tanto filtra il chiarore della luna. Si va. Ovviamente la gita inizia in discesa ma non sappiamo quanto dislivello occorra perdere oltre lo Jungfraujoch. Ebbene, scendiamo molto e con tale slancio da sorpassare alcune cordate strada facendo. In men che non si dica ci troviamo tra i gruppi di testa. Dopo la figuraccia di ieri, le mie personali quotazioni, benché guadagnate in discesa, iniziano a risalire.
Una striscia rossa che delimita all’orizzonte la cappa scura del cielo è l’unico segno dell’aurora. Sotto ad uno sperone roccioso con pluviometro ci troviamo accodati nientemeno che alla guida valdostana con i due giovani clienti. Sul ripido dosso glaciale che segue li supero, con apparente nonchalance. Compio la faticaccia per una questione di principio: non vorrei mai che averli davanti portasse sfiga. Sicché, le mie quotazioni raggiungono, in questo frangente, l’Olimpo.
Intanto le nubi scendono a coprire prima la Jungfrau, poi il Rotthalhorn e infine tutto. Alla Rottal Sattel, dove ci concediamo una breve sosta, la visibilità è quasi nulla. Ora che mi sono tanto esposto, non posso certo tirarmi indietro e occorre anzi che continui a tirare. Per fortuna ci sono buone tracce che prima attraversano e poi rimontano pendii ripidi ed esposti con ottimi gradini. Compaiono poi i fittoni. Il vento gelato spara raffiche di nevischio che crea una patina ghiacciata sugli occhiali, difficile da rimuovere e che si riforma in un istante. Non c’è alternativa a privarsi di qualsiasi occhiale, tanto non c’è panorama da ammirare e almeno si riesce a vedere dove mettere i piedi. In vetta siamo di nuovo soli. Ringraziamo per l’inclemenza del tempo che non è stata tale da impedirci di raggiungere la cima tanto che il viaggio, a questo punto, si può dire ben ammortizzato.
Non poggiamo nemmeno il sedere per terra e, visualizzando mentalmente il panorama memorizzato ieri, iniziamo la discesa. Incrociamo il grosso delle cordate nella zona dei gradini. Giunti al punto più basso da cui ha inizio l’inevitabile risalita, le prodezze sfoggiate stamani presentano il conto. Ogni poco imploro i pards di lasciarmi tirare il fiato e le mie quotazioni faticosamente guadagnate subiscono il definitivo tracollo.
4-6 agosto 2001

