Piz Bernina

Piz Bernina, 4050 m. Via normale italiana per la cresta sud-est dal Rifugio Marinelli (Val Malenco).

Caratteristiche: Ascensione abbastanza lunga e molto varia, in ambiente di grande respiro, con ampi panorami su un gruppo montuoso solcato da vasti e complessi bacini glaciali e coronato di vette austere e selvagge. L’avvicinamento si compie su ghiacciai facili in parte crepacciati e una scarpata rocciosa attrezzata. La cresta è mista di roccia e neve. Alcuni passaggi tecnici su roccia e qualche tratto nevoso affilato.

Difficoltà: PD+

Dislivello: 1200 m, di cui 200 m la cresta

Carte: Kompass 1:50.000 f. 93, Bernina-Sondrio.

Accesso: Autostrada fino a Milano, quindi proseguire per Lecco e Sondrio. Da qui svoltare nella Val Malenco e seguirla fino a Chiesa in Val Malenco. Svoltare a destra transitando da Lanzada e raggiungere la diga di Campo Moro.

Avvicinamento: Punto di appoggio è il Rifugio Marinelli, 2813 m, raggiunto lungo un bel sentiero con partenza dall’Alpe Campo Moro, 1934 m, presso la diga. Il sentiero transita dal Rifugio Carate Brianza e con circa 900 m di dislivello e molto spostamento conduce alla Capanna Marinelli in 3.30-4 ore. L’inizio della cresta si trova a circa 3870 m, al culmine dei pendii superiori della Vadretta da Morteratsch.

Salita: Dal Rifugio Marinelli, 2813 m, seguire una traccia (ometti e segni gialli) che conduce tra macereti al Passo Marinelli Occidentale, 3014 m. Portarsi in leggera discesa in direzione nord, transitando sotto la q. 3333, sul Ghiacciaio di Scerscen Superiore. Attraversare in piano il ghiacciaio e al fondo innalzarsi nella successiva valle glaciale (crepacci). Dopo avere tralasciato il canale della Fuorcla di Crast’Aguzza, a circa 3400 m abbordare il salto roccioso a sinistra del canale, superando una terminale (2,30 ore). Il percorso attrezzato con catene sfrutta i punti deboli e più sicuri della bastionata e, con passi di II e II+ per 200 m di dislivello, conduce al Rifugio Marco e Rosa, 3607 m (1 ora). Da qui percorrere il dosso della Vadretta da Morteratsch man mano più ripido in direzione nord fino alla base della cresta sud-est del Bernina, 3870 m. Si sale inizialmente per sfasciumi, poi per circa 200 m di dislivello si alternano passaggi su roccia e sottili crestine di neve, a tratti aeree. Un ripido salto roccioso protetto con spit e anelli cementati si supera con passaggi fino al II+. La cresta tocca quindi l’anticima, 4020 m, e prosegue prima in discesa, nevosa ed esposta, e poi in leggera salita, più semplice e rocciosa, fino alla cima principale del Piz Bernina, 4050 m (2-2.30 ore, totale 5.30-6 ore).

Discesa: Per l’itinerario di salita (4-4.30 ore fino al rifugio).

Il temporale

Dopo sei ore di viaggio, grazie alla solita coda per attraversare Lecco, giungiamo all’Alpe Campo Moro in fondo alla Val Malenco mentre sta iniziando a piovere. Esattamente un anno dopo il Combin, mi trovo di nuovo con Paolo in partenza per un ‘4000’, anzi del ‘4000’ più orientale delle Alpi: il Bernina. Ma per la prima volta con noi c’è anche il comune amico Giuseppe Azzini, detto familiarmente Atz.

Arrivo alla settimana di Ferragosto con un unico week-end su cui puntare se voglio fare una salita in alta montagna, in affannosa ricerca di compagni, con una lunga lista di possibili obiettivi, in testa alla quale stanno naturalmente i ‘4000’. Quando Paolo e Atz si dicono disponibili ad impegnare non soltanto il week-end ma anche un eventuale giorno in più, ecco che la via normale italiana al Piz Bernina dal Rifugio Marinelli balza tra i favoriti: un versante che non ho mai esplorato in una valle che non conosco, una gita lunga, con viaggio lungo, per cui è saggio disporre di tre giorni. Ho una succinta relazione presa dal bel libro Scialpinismo quota 4000 dove è descritta la via normale invernale dal Rifugio Marinelli. Il custode ci informa che d’estate il canale della Fuorcla di Crast’Aguzza non è percorribile e si devono salire le roccette attrezzate a fianco del canale. Il meteo svizzero prevede bello per domenica fino al pomeriggio, con probabili temporali in serata.

Uno spuntino chiusi in macchina poi il cielo qua e là si apre. E’ ora di incamminarci. La ripida salita nel bosco, poi la svolta e il lungo mezzacosta pianeggiante sopra l’Alpe Musella. Al Rifugio Carate Brianza, presso la Bocchetta delle Forbici, ci fermiamo per sorseggiare un tè. Quando ripartiamo ricomincia a piovigginare. Poi piove decisamente e con le mantelline giungiamo al Rifugio Marinelli, accostato ad una parete scura su una splendida terrazza.

Nonostante la pioggia, provo una sensazione di pienezza nel ritrovarmi nuovamente tra guglie e salti rocciosi, magri pascoli di erba pungente e ghiacciai (benché in condizioni veramente disastrose), in un rinnovarsi di emozioni sempre misterioso ed esaltante. La nostra montagna da qui non si vede e in ogni caso continua a piovere, mentre sull’altro lato della valle si scatena un bel temporale. Cena e dopocena allegri, conclusi con tisana e liquore di erbe. Il custode domattina darà la colazione non prima delle 5. Ci ritiriamo nella splendida cameretta, rivestita di legno, accogliente e confortevole. 

Alla sveglia il tempo è bello. Lasciamo il rifugio nella semioscurità, seguendo una traccia che si inoltra fra macereti, torrentelli e saltini rocciosi. Con il chiaro giungiamo al Passo Marinelli Occidentale dove calziamo i ramponi per attraversare l’immenso pianoro del Ghiacciaio di Scerscen Superiore, grigio, desolato, cosparso di sassi. Su uno sperone roccioso individuiamo il Rifugio Marco e Rosa, alto e lontano. La traccia ricompare dove il ghiacciaio è ora ricoperto di vecchia neve sporca in una valletta crepacciata che si restringe in un sottile couloir incassato tra il Scerscen e l’anticima del Bernina. Transitiamo sotto la Fuorcla di Crast’Aguzza: il famoso canale è tutto grigio e lucido. Poco oltre, la traccia conduce ai piedi del salto roccioso e da qui, superata la piccola terminale, iniziamo a seguire le rassicuranti catene che segnano la via.

La salita delle roccette è lunga ma divertente. Dal Marco e Rosa ripartiamo con i ramponi, convinti che i 450 m che mancano alla vetta siano questione di un paio d’ore al massimo. Percorrendo il dosso del ghiacciaio giungiamo alla base della cresta che, dopo facili sfasciumi, alterna sottili crestine di neve a passaggi su roccia. Per non perdere tempo a mettere e togliere, teniamo i ramponi.

 Il mauvais pas è un ripido salto roccioso dove incrociamo delle cordate che stanno già scendendo in doppia. Facciamo la coda e perdiamo un bel po’ di tempo. Dall’anticima una bellissima cresta, nevosa nella prima metà e poi completamente rocciosa, aerea ma non difficile, conduce alla cima vera e propria.

Ammiriamo il Piz Roseg con i suoi spettacolari ghiacciai pensili insieme agli altri splendidi satelliti di questo grande e tormentato bacino glaciale e, più lontano, il Disgrazia, e ancora le sconosciute Alpi dei Grigioni. La discesa della cresta ci porta via molto tempo, comprese le doppie sul mouvais pas. Giunti sul dosso del ghiacciaio la traccia si è trasformata in un torrentello impetuoso e inquietante. Mai visto un simile fenomeno, né un ghiacciaio in queste condizioni, mai provato un tale caldo a queste quote. In venti minuti siamo al Marco e Rosa. Togliamo i ramponi e sostiamo. Il tempo, che si è mantenuto finora eccellente, mostra i primi segni di cambiamento con nubi grigie che si vanno rapidamente accumulando a sud-ovest verso il Disgrazia.

La discesa della ferrata ci impegna quanto in salita. Rimesso piede sul Ghiacciaio di Scerscen, ci sobbarchiamo di mala voglia il lungo tratto in piano, con la superficie del ghiacciaio in completa fusione. Tocchiamo il Passo Marinelli Occidentale e finalmente siamo al rifugio. Per sera non riusciremo a raggiungere il parcheggio, ma se non altro ci pare ragionevole scendere a pernottare al Rifugio Carate Brianza, in modo da abbreviare il rientro domattina. Mettiamo nei sacchi le poche cose lasciate al Marinelli, faccio una telefonata a casa e ci incamminiamo. E in quel mentre inizia a piovere.

Il tratto che separa i due rifugi, meno di 200 m di dislivello, non è breve né tutto in discesa. Attraversato il torrentello che sgorga dalla vedretta di Caspoggio, c’è un lungo spostamento in leggera risalita, in campo aperto. Qui veniamo colti da uno di quei temporali improvvisi e violenti che penso conserveremo tra i nostri più emozionanti ricordi. Fulmini e tuoni direttamente sulla testa, le mantelline rese inutili dal vento che le solleva e le rovescia, acqua e grandine a scrosci orizzontali come sparate da una pompa. Non c’è riparo che tenga, dobbiamo soltanto sperare in bene e andare avanti. Atz, che ha ingranato una marcia a noi sconosciuta, grazie alla sua più verde età, riesce ad evitare il peggio, riparando in tempo record al Carate Brianza. Paolo e io ci arriviamo soltanto intorno alle 20, grondanti e provati dall’esperienza di trovarsi in balia dell’incontrollabile. Bè, almeno la finestra di bel tempo è stata sufficiente per lasciarci salire la montagna.

Cerchiamo di ricomporci al meglio coi pochi indumenti di riserva scampati al naufragio e, pur presentandoci in fogge alquanto stravaganti, veniamo ammessi al tavolo dell’ospitale capanna. Anzi, mentre ceniamo, veniamo adottati da un gruppo di ex alpini e coinvolti nei loro canti, nella loro allegria e nelle loro bevute.

Smette di piovere e la notte scorre tranquilla, fatto salvo il russare esalante fumi d’alcol di un alpino nella cuccetta di fianco alla mia. Sveglia di nuovo alle 5. Scendiamo a valle in una giornata radiosa dove le minute goccioline di pioggia luccicano sugli steli d’erba come rugiada. Incontriamo prima una mandria di cavalli bai che pascolano a lato del sentiero, poi, superata l’Alpe Musella, i primi escursionisti che salgono. Ed è qui che, non volendo apparire scoppiato già di primo mattino e cercando di star dietro ai più freschi compagni, allungo un po’ il passo e comincio a sentire un subdolo fastidio all’anca. Nei mesi a seguire verrà fuori un guaio più importante di un semplice stiramento e nel forzato riposo che seguirà ad un intervento al femore, avrò agio di meditare sul senso profondo delle grandes courses in montagna.

15-17 agosto 1998

La parete Est del Piz Roseg dall’anticima del Bernina