Polluce

Polluce, 4092 m. Via normale per la cresta sud-ovest dal Rifugio Guide del Cervino (Valtournenche); con gli sci.

Caratteristiche: L’ascensione, giustamente rinomata e piuttosto frequentata, si svolge in un ambiente maestoso. L’avvicinamento e il rientro si svolgono su ghiacciaio facile ma con crepacci. La cresta, nella sua parte rocciosa, presenta alcune difficoltà tecniche concentrate sul gendarme, tuttavia protette da catene. L’ultimo tratto nevoso è facile ed altamente estetico.

Difficoltà: BSA, PD+

Dislivello: circa 950 m (compresa la risalita al Colle del Breithorn), di cui 300 m la cresta

Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel.

Accesso: Dall’autostrada di Aosta uscire a Chatillon, svoltare nella Valtournenche e seguirla fino a Cervinia.

Avvicinamento: Partenza dal Rifugio Guide del Cervino, raggiunto direttamente da Cervinia con gli impianti o salendo lungo le piste da una delle stazioni intermedie.

Salita: Dal Rifugio Guide del Cervino alla Testa Grigia, 3451 m, seguire le piste fino all’ampia sella tra il Piccolo Cervino e la Gobba di Rollin. Attraversare lo skilift e percorrere un lungo semicerchio a sinistra che, attraversando un ripiano, conduce al Colle del Breithorn, 3826 m. Scendere sull’opposto versante (qualche crepaccio) fino a toccare un plafond a circa 3680 m. Iniziare da qui un lungo traverso pressoché orizzontale tagliando pendii abbastanza ripidi e transitando sotto i seracchi che sostengono il ripiano superiore del Grande Ghiacciaio di Verra. Aggirare lo sperone su cui è eretto il bivacco Rossi e Volante e, passando sotto alla Porta Nera, 3731 m, risalire fino al piede della cresta sud-ovest del Polluce, circa 3800 m, dove si lasciano gli sci (3 ore). Attaccare la cresta, superando un’eventuale terminale, e portarsi sul versante che guarda il Castore. Salire lungo delle tracce per sfasciumi e facili rocce o misto per quasi 200 m. Giunti sotto un risalto aggirarlo a sinistra o a destra giungendo alla base dell’evidente gendarme rosso. Seguire le catene che proteggono una serie di passaggi su un dislivello di circa 40 metri: un breve spigolo (II) dà accesso a una placca con piccoli appoggi che si attraversa a sinistra (II+); da qui un camino, ostruito in alto da un grande macigno (III), porta alla base di un’altra placca ben appigliata che si risale più facilmente (II) fino al ripiano con la statua di bronzo della Madonna. Salire infine la cresta di neve, aerea ed estetica, che conduce in vetta al Polluce, 4092 m (1.30-2 ore, totale 4.30-5 ore).

Discesa: Lungo l’itinerario di salita (3-3.30 ore fino al rifugio, tenendo conto di una o due doppie sul gendarme e della risalita al Colle del Breithorn).

L’ultima cabina

La salita scialpinistica al Polluce, a lungo meditata, rimandata più volte e tentata una volta dovendovi rinunciare, provo a realizzarla ora, senza averla programmata e come ‘ripiego’ dell’ultimo momento rispetto a un’altra meta che non è più in condizioni. A onor del vero, anche il Rosa, in questo maggio avaro, non versa in uno stato molto migliore. Per fare la gita dalla valle d’Ayas, sciisticamente più interessante, occorre ormai portare gli sci a spalle fino al Rifugio Mezzalama. Così diventa preferibile l’itinerario dalla Valtournenche, benché meno attraente sia per la presenza invasiva degli impianti sia per il lungo spostamento dal Colle del Breithorn alla Porta Nera, da rifare anche al ritorno. Comunque proveremo da qui. Le previsioni danno per domenica una finestra di tempo abbastanza buono.

In questa scialpinistica mi sono compagni Alberto e Pino il postino. Non so come Pino si sia convinto a partecipare, diffidente com’è verso le gite che non offrano itinerari remunerativi per la discesa, come in questo caso. Sarà che do per scontato che si arrivi in sci fino a Cervinia lungo le piste, magari già chiuse, fatto sta che Pino c’è e insieme ci rechiamo all’appuntamento con Alberto alla stazione del Lingotto. Il regionale da Genova arriva puntuale, poi riparte, ma di Alberto non c’è traccia. Stiamo per venircene via preoccupati quando vediamo finalmente sbucare l’amico, buon ultimo, dall’unico sottopassaggio che ci era sfuggito. Carichiamo lui e i bagagli e via.

A Cervinia riusciamo a salire su una delle ultime cabine. Dalla panoramica posizione possiamo verificare che, con un paio di togli e metti, in effetti si riesce a scendere fino a Cervinia con gli sci ai piedi. A Plan Maison acciuffiamo anche la successiva risalita e arriviamo così comodamente seduti a Cime Bianche.

Qui calziamo gli sci e, in un alternarsi di raggi di sole cocente e raffiche di vento gelido che porta le nubi ad ammassarsi disordinatamente attorno alle vette, iniziamo a risalire la pista del Ventina. Ad un’ora in cui gli impianti sono ormai chiusi, non incontriamo nessuno. I paletti segnapista e la neve raschiata dalle tracce di discesa fanno dell’ambiente qualcosa di vagamente surreale. Ciononostante, percepisco l’anima dei colossi innevati attorno a noi e avverto l’aria fine dei vicini ‘4000’ come qualcosa di sempre nuovo ed elettrizzante.

Quando arriviamo al Rifugio Guide del Cervino il meteo peggiora, la temperatura si fa rigida ed inizia a nevicare. Al rifugio ci sono una guida con due clienti e una coppia di mezz’età, con la nostra stessa meta. Loro vanno per la normale, noi conserviamo la residua velleità di scalare lo scivolo ovest, ammesso che sia ancora fattibile.

Alla sveglia il cielo è stellato e fa freddo. Con le frontali risaliamo il lungo falsopiano e poi la pista che porta alla sella del Piccolo Cervino. Attraversiamo gli skilift e spingiamo sul plateau fino al Colle del Breithorn dove giungiamo contemporaneamente al sole. La giornata è splendida, ovunque rilucono i cristalli del leggero strato di neve fresca caduto nella notte. Abbandonato il colle e usciti dalla vista degli impianti scendiamo lungo il versante opposto, arato da vecchi solchi gelati.

Nel lungo spostamento sotto i Breithorn siamo nuovamente all’ombra. Attraversiamo piccoli crepacci, poi percorriamo un breve traverso sotto i seracchi che sostengono il plateau superiore del Grande Ghiacciaio di Verra. Ai piedi del bivacco Rossi Volante lasciamo i colori freddi e azzurrini dell’ombra e veniamo investiti dal sole che fa capolino dalla Porta Nera, dove si uniscono una quindicina di persone provenienti dalla Val d’Ayas.

Sullo scivolo ovest del Polluce scorgiamo ben presto delle eloquenti striature grigie e alla terminale dobbiamo prendere atto che le condizioni del pendio, un infido straterello di farina su un fondo ghiacciato, non fanno per noi. Così ripieghiamo di una cinquantina di metri alla base della rocciosa cresta sud-ovest per seguire gli altri sulla via normale.

La poca neve caduta nella notte nasconde qua e là del vetrato per cui procediamo con i ramponi. Saliamo un bel po’ su rocce rotte fin sotto l’ultimo gendarme. Giunti a una piccola forcella, vediamo delle catene che conducono, su bella roccia rossa, in un largo camino intasato di neve fresca e ostruito da un enorme masso incastrato. Il superamento del masso è stuzzicante. Pino, pur tormentato dall’emicrania, supera bene il passaggio. Alberto, che è ultimo, tribola.

Ancora un breve tratto roccioso, ripido ma ben appigliato, e siamo al termine delle difficoltà, al ripiano con la statua della Madonnina. Da qui percorriamo estasiati l’elegante cresta nevosa finale, seguendo l’ampia sinuosità della linea spartiacque, il perfetto raccordo tra due assoluti: il blu cupo e uniforme del cielo e il rosso imbiancato e sfuggente delle rocce appena salite. Mentre incrociamo una cordata che scende, tocchiamo la vetta nevosa, sottile e orizzontale, ancora in tempo per apprezzare i Lyskamm da questa superba balconata. Poi, a dispetto delle previsioni, il meteo cambia nel giro di pochi minuti, le nubi, non sappiamo comparse da dove, man mano ci avvolgono e inizia a nevischiare. Ci dobbiamo muovere.

Con un paio di doppie ci caliamo dal gendarme, poi ripercorriamo i nostri passi fino alla base della cresta. Al momento di inforcare gli sci e capire dove dirigerci, una provvidenziale schiarita ci consente di ritrovare senza errori le tracce di stamani. Poi la nebbia ci ricopre nuovamente e un debole nevischio comincia a scendere. Perdendo quota Pino si riprende dal mal di testa. Montate le pelli, possiamo ripartire, senza grande entusiasmo, alla volta del Colle del Breithorn.

Arriviamo al colle in concomitanza con un deciso peggioramento del tempo. Il rovescio ora è tormenta. Il vento spara fittissimi pallini gelati praticamente orizzontali, la visibilità è zero. Di paletto in paletto lungo la pista, riguadagniamo il Rifugio Guide del Cervino proprio mentre l’ultima funivia per Cime Bianche sta per partire. Siamo troppo scoppiati per correre seduta stante alla stazione. In alternativa ci sono i chiudipista che stanno per scendere diretti a Cime Bianche dove li attende l’ultima cabinovia per Cervinia.

Li preghiamo di aspettarci. Ci rimettiamo in moto e ci avviamo giù dalla pista del Ventina cercando di stare dietro a delle ombre guizzanti, ovattate e incolori, che di fatto non ci aspettano e dopo cento metri abbiamo già perso di vista. Scendiamo a tentoni in un universo turbinante e lattiginoso, da un paletto all’altro, e ogni poco ci tocca liberare gli occhiali dalla neve. Inutile dire che, qui dove servirebbe, non riusciamo a procedere insieme: ciascuno va come può, incalzato dalla fretta, cercando di evitare i frequenti accumuli di neve pesante, non sempre riuscendoci, esibendosi poi in pittoresche evoluzioni per cercare di stare in piedi pur essendo assolutamente fermo. Grida, richiami, imprecazioni si sprecano. Non si sa bene come, ogni tanto ci ritroviamo tutti e tre e in quei momenti consultiamo gli orologi e l’altimetro. E’ che non abbiamo assolutamente idea del punto in cui ci troviamo. La stazione di Cime Bianche non dovrebbe essere lontana, benché i paletti sembra si susseguano indefinitamente, insinuando una inquietante sensazione di circolarità: “Ma di qua non siamo già passati?”

La stazione è prima un miraggio poi una fantastica realtà. Bussiamo ai vetri e dopo poco le porte si aprono e, incredibile, l’ultima cabina deve ancora scendere.

28-29 maggio 1998

Il nevoso tratto finale della Cresta Sud-Ovest del Polluce