Punta Dufour e Punta Zumstein

Punta Dufour, 4634 m – Punta Zumstein, 4563 m. Salita: cresta Rey; discesa: via normale italiana attraverso la Punta Zumstein (Valle di Gressoney)

Caratteristiche: Ascensione di grande respiro sulla cima più elevata del Monte Rosa, complessa e impegnativa, soprattutto per il lungo avvicinamento e per la discesa dalla via normale italiana della Punta Dufour, al termine della quale occorre ancora scavalcare la punta Zumstein. La cresta Rey, di grande slancio e molto estetica, è in realtà più facile di quel che appaia, ed è abbastanza discontinua anche nella più ripida parte superiore, presentando soltanto a tratti dei passaggi di arrampicata in cui è consigliabile fare qualche tiro di corda.

Difficoltà: AD

Dislivello: complessivamente più di 1300 m, di cui 400 m la cresta

Carte: IGM 1:25.000 f. 29, Alagna Valsesia, Monterosa; CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel.

Accesso: Uscita di Pont S. Martin dell’autostrada di Aosta, Gressoney la Trinitè, frazione Staffal, partenza degli impianti che salgono al Passo dei Salati e poi a Indren.

Avvicinamento: Partenza dal Rifugio Gnifetti, 3647 m, dove si giunge in 1.30 ore dall’arrivo dell’impianto di Indren, 3265 m. Da qui, attraversata la esangue lingua terminale del Ghiacciaio di Indren, si può seguire il sentiero attrezzato che supera le rocce che sostengono il ghiacciaio di Garstelet ed esce sul ghiacciaio poco a monte del Rifugio Mantova, oppure il sentiero che aggira le rocce e conduce allo stesso rifugio, 3420 m (che può essere utilizzato come punto di partenza alternativo). Per il Rifugio Gnifetti, risalire il Ghiacciaio del Garstelet e portarsi alle rocce su cui è annidato il rifugio, che si raggiunge poi con breve tratto attrezzato. L’attacco della cresta si trova a circa 4200 m sul Grenz Gletscher.

Salita: Dal Rifugio Gnifetti, 3647 m, inoltrarsi sul Ghiacciaio del Lys seguendo le tracce che salgono verso l’omonimo colle, badando ai numerosi crepacci sia nel ripiano alle spalle del rifugio sia nel superamento della prima ripida balza sotto la Piramide Vincent. Transitare alla base dei bellissimi seracchi del versante sud occidentale di questa montagna e, per pendii moderati, lasciando a destra lo spuntone del Balmenhorn, salire al passaggio del Colle del Lys (4248 m, 2.15 ore). Volgere ad est e traversare fino a una conca sottostante il Colle Sesia. Discendere ora in direzione nord il Grenz Gletscher (seguendo le eventuali tracce che provengono dalla Monterosa Hütte) sino ad una quota di circa 4000 m. Svoltare a destra e, destreggiandosi tra crepacci e seracchi, che a seconda delle annate possono essere più facilmente superati a monte, attraversare ascendendo sotto l’avancorpo della Punta Zumstein. In ultimo tagliare orizzontalmente a sinistra sotto il Colle Zumstein per raggiungere la base della cresta Rey ad una quota di circa 4200 m (1.30-2 ore dal Colle del Lys). Attaccare la cresta nel suo punto più basso e seguirla con percorso non obbligato, contornando dove possibile le asperità maggiori, ponendo attenzione agli sfasciumi e ai sassi mobili. Dove si arrampica la roccia è in buona parte solida, di grossi blocchi e lastroni, o misto, e offre qualche passaggio di II e III. Poco oltre la metà dello sviluppo, nei pressi di una targa a ricordo di Bec Peccoz, c’è lo strapiombino con il passaggio di IV, per altro aggirabile a sinistra. Da qui continuare più facilmente fino alla cima (2.30-3 ore dalla base, totale 6-7 ore).

Discesa: Dalla vetta percorrere l’aerea cresta est pressoché orizzontale per circa 100 m fino alla Ostspitze. Da qui scendere all’intaglio che precede la Grenzgipfel con un impervio passaggio di III. Dopo qualche metro in direzione sud, piegare a sinistra per prendere la cresta sud-est, la via normale italiana, che scende sul Colle Zumstein. La cresta, di circa 200 m di dislivello, è esposta e impegnativa. Per un lungo tratto presenta ripidi salti e lisce placche (II e III) dove è utile seguire i segni dei ramponi sulla roccia. La parte bassa è più semplice, con facili asperità rocciose (un unico rilievo più prominente si evita sulla destra) fino al Colle Zumstein (4452 m). Dal colle scalare l’aerea cresta nord della Zumstein, inizialmente facile e con alcune roccette poi nevosa (spesso ghiacciata) e piuttosto ripida (40-45°) e delicata, fino in vetta alla Punta Zumstein (4563 m). La discesa della cresta sud-ovest della montagna è più semplice. Ad un primo facile tratto roccioso segue una bella cresta, moderatamente ripida e poco affilata lungo la quale si raggiungono rapidamente i comodi pendii sotto il Colle Gnifetti. Da qui scendere infine al rifugio seguendo l’ampia traccia della via normale della punta Gnifetti (tot. 5-6 h).

Soli sul Monte Rosa

Giulio torna dalle vacanze martedì e la sera stessa mi telefona buttando lì due o tre idee di quelle grandi. Mi unisce a Giulio la complicità nel sentire e nel desiderare le mete che ci proponiamo di scalare. Ora, valutando insieme quelle due o tre idee, viene fuori la cresta Rey alla Dufour. Visto che il meteo è buono e stabile per i prossimi tre giorni, non poniamo tempo in mezzo e, chiesti i giorni di ferie, mercoledì partiamo.

Parcheggio di Staffal, Gressoney La Trinitè. La cabinovia per il Passo dei Salati, un impianto inaugurato l’anno scorso, porta direttamente sulla cresta spartiacque a un’ora di marcia da Punta Indren. Quando vi giungiamo è circa l’una pomeridiana. Facciamo uno spuntino e ci incamminiamo verso la capanna Gnifetti.

Troviamo sistemazione nell’ultimo dormitorio disponibile. Naturalmente il rifugio è strapieno e si fa a gomitate anche per andare in bagno. Dopo cena, ci infiliamo nell’affollato dormitorio. Mi sembra di aver appena preso sonno, quando, alle 3, suona la sveglia. Ieri sera abbiamo dovuto discutere con il gestore, che non era affatto disposto a fornirci la colazione a quell’ora, finché ha ceduto promettendo che ci avrebbe lasciato su un tavolo un thermos di tè con pane, burro e marmellata.

Quando ci incamminiamo c’è ancora un bel pezzo di luna che compensa la mia pila frontale praticamente scarica. L’alba ci raggiunge al Colle del Lys. Scendiamo lungo il versante Svizzero nell’alveo del ghiacciaio. Qui tutto ci è sconosciuto e, in assenza di tracce, cerchiamo il passaggio tra larghe crepe e seracchi, fino a trovarci in una remota valletta glaciale che scorre alla base dello sperone Rey, dove tutto appare cristallizzato, immobile e primigenio, persino l’aria è assolutamente calma. Non c’è nessuno. La solitudine e il senso del primordiale sono tra i sentimenti e le emozioni più forti che l’ambiente d’alta montagna riesca a trasmettere: sentire la natura come essenza altra, quasi materiale e palpabile, e allo stesso tempo sentirsi parte di essa.

La cresta, di un bel colore rossastro, è in condizioni eccezionali, senza un filo di neve, tanto che lasciamo i ramponi nel sacco. Il sole lambisce l’orlo del vicino Colle Zumstein, ma noi siamo ancora all’ombra e vi restiamo per un bel po’. La vista è inconsueta e grandiosa in particolare sulla nord del vicino Lyskamm Orientale, dove due puntini stanno salendo in sincronia con noi.

Ghiaccio, cumuli di pietre, ore di fatica. E poi la vetta. Una croce sbilenca e una targa a ricordo del signor Dufour. Un sogno, un sogno riposto, che abbiamo a lungo accarezzato col reverente timore di non esserne all’altezza, ora si realizza.

Il bello comincia quando iniziamo la discesa, ramponi ai piedi, supponendo che la normale, a giudicare dalle cornici che abbiamo osservato salendo, sia di misto. Invece è quasi completamente pulita. Non vogliamo perdere tempo a togliere i ramponi per poi doverli rimettere. Durante il faticoso esercizio Giulio inizia ad accusare nausea e spossatezza, cosa inusuale per lui. Al Colle Zumstein è esausto, ma bisogna assolutamente scavalcare la Punta Zumstein per dirsi fuori. Giulio fa dieci passi e si adagia, preso da conati di vomito. Nella piccola farmacia devo avere delle capsule di Micoren, le trovo e gliele somministro.

Qualche minuto di riposo e riprendiamo, lentissimi. A metà cresta a Giulio si rompe l’anello di un rampone. Nell’attrezzatura d’emergenza ci sono un paio di stringhe e con queste fissiamo il rampone. Solo a pomeriggio avanzato siamo in vetta alla Zumstein. Un’altra croce e un’effige di bronzo. Nubi bianche e vento salgono dalla selvaggia parete est del Rosa e lambiscono le creste orlate di cornici. Lo spettacolo è impressionante.

Siamo sempre soli. Quale differenza rispetto alla folla che si accalca lungo le normali del Tacul o della Midi! Mentre divalliamo lungo il pistone della Gnifetti, Giulio a poco a poco si riprende. La serenità ora è assoluta. Sostiamo ogni tanto seduti sulle piccozze, con la sensazione di essere da sempre a vagare per questi vasti ghiacciai. Ovunque si posi l’occhio, incontro luoghi noti. E rifletto sul modo in cui i versanti, che di lontano paiono inaccessibili, avvicinandosi, facendosi piccoli e pazienti, man mano si addolciscano, e le creste, pur affilate, concedano lo spazio e il tempo per posarvi il piede e, un passo dopo l’altro, percorrerle; su come, in quei pochi lunghi istanti, io mi senta un corpo unico, un insieme perfettamente integrato con la natura in apparenza fredda e repulsiva della montagna.

Dal Colle del Lys divalliamo per semplice gravità lungo i facili pendii sotto il Balmenhorn e la Vincent e finalmente sbuchiamo alla cappelletta alle spalle del rifugio. Giulio ora sta bene, in ogni caso ci fermiamo qua, dove ci attendono una cena in completo relax e una notte ristoratrice a dispetto della solita bolgia, che non riuscirà a intaccare la coltre di stupore e solitudine nella quale siamo ancora avvolti.  

19-21 agosto 1992

Sulla Cresta Rey alla Dufour; in secondo piano la Ludwigshoe e il Col del Lys