Stecknadelhorn e Hohberghorn

Stecknadelhorn, 4241 m – Hohberghorn, 4219 m. Traversata delle creste dalla Mischabel Hütte (Saastal).

Caratteristiche: Cavalcata delle vette della Nadelgrat, a nord ovest del Nadelhorn. Gita molto gratificante per la varietà dei passaggi, le belle prospettive e i panorami che si ammirano. Ascensione di carattere misto con tratti in roccia poco difficili e pendii nevosi ripidi, mediamente impegnativa (volendo includere anche il Dirrühorn e il Nadelhorn la gita diventa molto impegnativa sia per la lunghezza sia per il dislivello).

Difficoltà: PD+

Dislivello: 1150 m, contando i numerosi saliscendi

Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel; CNS 1:25.000 f. 1328, Randa.

Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga; oppure autostrada di Aosta, Gran San Bernardo, Martigny. Da Briga o da Martigny percorrere la valle del Rodano fino a Visp. Da qui svoltare nella Mattertal e seguirla fino al bivio di Stalden, quindi prendere a sinistra per la Saastal e seguirla fino a Saas Fee.

Avvicinamento: Punto d’appoggio è la Mischabel Hütte, 3340 m. A Saas Fee dirigersi alla partenza della cabinovia di Hannig. Dalla stazione superiore, 2350 m, prendere il sentiero, ben segnalato, per la Mischabel Hütte che inizialmente scende con un lungo traverso fino a 2300 m circa. Da qui il sentiero sale decisamente a tornanti fino a 2850 m, dove inizia il faticoso tratto attrezzato con pioli, scalette e cavi metallici che segue fedelmente la rocciosa cresta dello Schwarzhorn fino alle due capanne della Mischabel Hütte, 3340 m (3.30 ore). L’attacco della traversata si trova alla base del Gendarme del Nadelhorn, circa 4230 m.

Salita: Dalla Mischabel Hütte, 3340 m, seguire il sentiero (breve tratto attrezzato) che percorre il crestone di roccette e detriti alle spalle del rifugio fino all’Hohbalm Gletscher, ad una quota di circa 3600 m. Mettere piede sul ghiacciaio e, dopo avere superato una prima zona più o meno crepacciata a seconda della stagione, attraversare il vasto ripiano del ghiacciaio orizzontalmente con largo semicerchio in direzione nord, solitamente ben tracciato (qualche crepaccio), transitando sotto la spettacolare parete nord-est della Lenzspitze. Oltrepassata l’eventuale crepaccia terminale, con ascesa su ripido pendio (40°), che in stagione avanzata può presentarsi in ghiaccio e crepacciato, giungere sul Windjoch, 3850 m, ampia sella tra l’Ulrichshorn e il Nadelhorn (1.30-2 ore). Seguire ora la lunga cresta nord-est del Nadelhorn, inizialmente larga, poi più stretta e movimentata da un paio di modeste asperità rocciose, aggirabili a destra o, in presenza di ghiaccio, superabili direttamente con brevi passaggi di II. Giunti sotto il torrione finale, traversare orizzontalmente a destra il ripido pendio glaciale (40°) sotto il Gendarme del Nadelhorn fino ad abbordare l’inizio della cresta nevosa dello Stecknadelhorn, circa 4230 m (1.30 ore). Percorrerla sul filo o poggiando eventualmente sul versante del Riedgletscher, lungo una serie di estetiche ondulazioni ad andamento orizzontale, fino al modesto testone roccioso dello Stecknadelhorn, dall’apparenza arcigna ma in realtà di facile scalata. Raggiunta la cima dello Stecknadelhorn, 4241 m, discenderne la cresta nord-ovest (prevalentemente di roccia o misto), tenendo grosso modo il filo (seguire i graffi dei ramponi sulle rocce), con difficoltà abbastanza continue sul II-II+, fino alla sella q. 4142 m, che separa lo Stecknadelhorn dall’Hohberghorn. Da questa sella per un breve pendio mediamente ripido (40°) salire in vetta all’Ohberghorn, 4219 m (1.30-2 ore, totale 4.30-5.30 ore).

Discesa: Si svolge lungo l’itinerario di salita fin sotto il torrione sommitale del Nadelhorn (1.30-2). Da qui si può salire in vetta al Nadelhorn contornando il torrione sommitale a destra per un ripido pendio nevoso (40°) oppure a sinistra per rocce articolate e neve (II-). Il breve tratto roccioso finale si supera con passi di II- (0.30 ore). Ritornati alla base del torrione si scende al rifugio lungo il percorso di salita (1.30-2, totale 3-4 ore).

Frenando con la piccozza

Esserci in mezzo e vivere i luoghi fa sì che, a volte, una meta lontana e difficile appaia poi vicina e fattibile. Così è per me con la Nadelgrat, ammantata dalla reputazione di impresa lunga e impegnativa, ma che, da quando son salito al Nadelhorn e l’ho osservata, mi sembra assai più abbordabile.

Inizio quindi a studiarla per proporla agli amici con cui ho salito l’anno scorso il Nadelhorn. Calcolo meticolosamente i dislivelli di ciascuno dei diversi possibili percorsi, a seconda che si parta dalla Bordier Hütte o dalla Mischabel Hütte e a seconda che si proceda sulla cresta in un senso o nell’altro. Ne concludo che sarebbe conveniente pernottare alla Mischabel Hütte e percorrere la cresta dal Dirrühorn allo Stecknadelhorn, in modo da affrontare in salita il canale dell’Hohbergjoch che rappresenta la maggiore incognita della traversata. In ogni caso il dislivello complessivo resta intorno ai 1500 m, escluso il Nadelhorn che ho già salito. Così, a distanza di appena un anno, ripartiamo per la Mischabel Hütte, di nuovo in quattro: Paolo, Atz ed io ma, al posto di Alberto, in viaggio da qualche parte del mondo, c’è Ezio.

A Saas Fee consumiamo uno spuntino in un’area verde prossima al parcheggio, cosa peraltro sicuramente vietata, e nella circostanza ammiriamo Ezio sbafarsi con nonchalance un intero contenitore di insalata di riso e peperoni. Più peperoni che riso. Quando ci incamminiamo dalla stazione superiore della cabinovia di Hannig, dai neri nuvoloni che hanno coperto le montagne cade qualche sporadica goccia di pioggia. Ma sappiamo che il meteo dovrebbe rimettersi in sesto per domani. Alla Mischabel Hütte, immersa nella nebbia, veniamo sistemati questa volta nella vecchia capanna, deliziosa e tranquilla. A cena Ezio accusa un po’ di spossatezza e qualche noia di stomaco. Bè, sappiamo perché. Gli propino una dose di bicarbonato e speriamo in bene.

Sveglia prestissimo e partenza tra il baluginare di luci blu e azzurre delle frontali. Il crestone detritico, i ramponi calzati al buio, l’Hohbalm Gletscher e infine il Windjoch, 3850 m, raggiunto col primo chiaro. Delle buone tracce scendono nell’opposto versante sul Riedgletscher, tuttavia scorgiamo il couloir dell’Hohbergjoch in pessime condizioni: in alto è completamente spoglio, mentre in basso profonde rigole confluiscono in una terminale ormai aperta. Benché molto lontani per valutare eventuali alternative al canale, l’idea di recarci fin laggiù e poi magari dover rinunciare ci fa rapidamente cambiare programma. Proveremo a percorrere la cresta in senso inverso, dallo Stecknadelhorn al Dirrühorn, per tornare dalla stessa parte.

Mentre la parete NE della Lenzspitze si va illuminando, siamo ormai sotto il gendarme del Nadelhorn e con un ripido traverso raggiungiamo la cresta nevosa dello Stecknadelhorn. Qui Ezio, che già ieri sera non era in gran forma, decide di fermarsi ed aspettarci. Lasciamo il compagno, ben vestito, in un piccolo avvallamento della cresta e componiamo rapidamente una cordata da tre per proseguire, proponendoci un tempo massimo ragionevole oltre il quale in ogni caso tornare, in base al principio per cui è sempre meglio qualcosa che niente.

Percorriamo le serpeggianti e candide ondulazioni della cresta dello Stecknadelhorn, che ricordano l’orlo delle tende da finestra, mollemente adagiate tra bonarie cuspidi nevose, commossi da tanta bellezza. Dal torrione sommitale dello Stecknadelhorn iniziamo la discesa della cresta nord-ovest. Cerchiamo di seguire i graffi dei ramponi sulle rocce, che procedono inizialmente sulle cengette del versante sud-ovest. Ad un certo punto, per evitare un tratto di cresta nevosa piuttosto affilato, reputiamo più logico continuare sullo stesso versante. Ben presto però le cengette si perdono, il terreno si fa ripido, le rocce divengono instabili e sono interrotte da frequenti placche di neve dura. Così ci troviamo impegnati in un lunghissimo traverso esposto e abbastanza pericoloso, dove, resa impossibile ogni assicurazione, procediamo in conserva, ramponi ai piedi, con grande cautela.

Il vento, che arriva a folate, genera contro i caschi un fruscio simile a un lamento. Godiamo però della splendida visione del vasto versante nord del Dom de Mischabel, con la traccia e le cordate che la risalgono, interrotta in basso, nei pressi del Festijoch, dalla consueta e spettacolare frana di seracchi. Puntando al colle che separa lo Stecknadelhorn dall’Hohberghorn, ci congiungiamo finalmente all’ultimo tratto di cresta che scende alla sella. Da questa con una breve risalita su neve siamo in vetta alla bella piramide dell’Hohberghorn.

Il tempo è volato, così pensando ad Ezio che ci attende, iniziamo il rientro accontentandoci delle due cime salite. Dal ripiano del colle attacchiamo la cresta dello Stecknadelhorn intenzionati a non abbandonarla. Alle 12 siamo da Ezio, che si è ripreso alla grande e con molta pazienza ha aspettato più di quattro ore. Risistemiamo le cordate e ripartiamo. Dopo il ripido traverso siamo sulla pista del Nadelhorn.

Sotto il Windjoch i miei compagni, tutti ringalluzziti, ammirano le prodezze di due cordate di inglesi che, senza ramponi, si lasciano scivolare sul sedere giù per la massima pendenza, frenando con i piedi nella neve che è ormai pappa. E pensano di imitarli. Obietto che con i ramponi ai piedi non sarà la stessa cosa, che il pendio, per quanto invitante e privo di crepacci, è ripido e il dislivello è di almeno 150 metri. Al fondo raccorda, ma c’è tutto il tempo per farsi male. Viste le insistenze e poiché non ritengo prudente slegarmi da Atz con cui sono in cordata, controvoglia mi adeguo. E faccio una gran brutta discesa. Acquisto subito velocità e mi prende l’ansia di non riuscire a controllare la scivolata e tirare giù anche il compagno. Riesco a girarmi e a piantare la becca della piccozza, che nella neve molle non sembra sortire un grande effetto. Pieno di neve, dal casco alle mutande, con una mezza distorsione al polso, mi fermo infine presso i compagni entusiasti e divertiti come bambini, incluso Atz che, da come mi ha visto venir giù gagliardamente, crede mi sia divertito un sacco anch’io.

Sulla cresta morenica al termine del plateau dell’Hohbalm Gletscher ci togliamo i ramponi e ci sleghiamo. Poi trotterelliamo giù fino alla capanna. Per precauzione ho prenotato anche la notte successiva e, benché non sia tardi, siamo tutti d’accordo di approfittarne. La sera mi ritiro presto con il polso dolorante ad assaporare il conforto dei rustici guanciali nel dormitorio della vecchia capanna, mentre nella sala da pranzo del rifugio sui cellulari degli astanti va in onda la finale dei mondiali di calcio Italia-Francia, vinta poi dalla nostra nazionale. A me resta da sciogliere il nodo dell’Hohbergjoch e della salita al Dirrühorn, una partita questa soltanto rimandata e il cui esito non è affatto scontato.

8-10 luglio 2006

Nadelhorn, Stecknadelhorn e Hohberghorn visti dal Dirrühorn