Stralhorn, 4190 m. Via normale dalla Britannia Hütte (Saastal); con gli sci.
Caratteristiche: Ascensione classica e molto frequentata sul più facile dei ‘4000’ di Saas Fee, in un vasto ambiente glaciale incontaminato e movimentato dai dirupati versanti dell’Allalinhorn e del Rimpfishhorn sotto cui si transita. Dalla cima si gode un panorama di prim’ordine sul massiccio del Rosa e su tutti i ‘4000’ del Vallese. Il lungo avvicinamento si svolge su un ghiacciaio ampio e facile ma piuttosto crepacciato e poi su pendii più ripidi a partire dall’Adler Pass. Ascensione con scarsi pericoli oggettivi, comunque da non sottovalutare per la lunghezza e i problemi di orientamento in caso di scarsa visibilità.
Difficoltà: BSA, F+
Dislivello: 1350 m, compresa la risalita alla Britannia Hütte
Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel; CNS 1:25.000 f. 1328, Randa; CNS 1:25.000 f. 1348, Zermatt.
Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga; oppure autostrada di Aosta, Gran San Bernardo, Martigny. Da Briga o da Martigny percorrere la valle del Rodano fino a Visp, da cui si risale la Mattertal fino al bivio di Stalden. Da qui prendere a sinistra per la Saastal e seguirla fino a Saas Fee.
Avvicinamento: Partenza dalla Britannia Hütte, 3039 m, raggiunta in mezz’ora dall’arrivo della funivia di Felskinn lungo la pista di servizio.
Salita: Dalla Britannia Hütte, 3039 m, scendere per circa 100 m fino a q. 2941 m sull’Ohlaub Gletscher. Attraversare il ghiacciaio in falsopiano in direzione sud e mettere piede sull’Allalin Gletscher. Risalire questo ghiacciaio sulla sinistra orografica in direzione ovest e poi sud-ovest costeggiando la parete rocciosa dell’Hohlaubgrat fino al grande ripiano a circa 3300 m. Volgere ora gradatamente a sud, passando a sinistra della seraccata al piede della cresta nord del Rimpfishhorn e proseguire nel centro dell’ampio vallone glaciale in direzione dell’Adlerpass. Poco prima di toccare il colle (3789 m, 3-3.30 ore) girare a sinistra in direzione sud-sud-est e risalire il ripido versante settentrionale dello Stralhorn in direzione della q. 3954. Da qui per pendii più moderati giungere sotto la cima, che si raggiunge a piedi per una breve e affilata crestina (4128 m, 1.30 ore, totale 4.30-5 ore).
Discesa: Si svolge sullo stesso percorso (2-2.30 ore fino alla Britannia Hütte).
Allalinhorn, 4027 m. Via normale dalla Britannia Hütte o dalla Langflue Hütte (Saastal); con gli sci.
Caratteristiche: Gita classica e molto frequentata. L’ambiente in cui si svolge l’ascensione, altrimenti grandioso, è purtroppo penalizzato dalla presenza degli impianti sciistici di Langflue che ingombrano il ramo del Fee Gletscher lungo il quale si sviluppa buona parte dell’itinerario. Proprio la presenza degli impianti favorisce l’iper frequentazione di questo percorso, poiché essi consentono, volendo, di portarsi fino a circa 3500 m, riducendo così il dislivello obbligatorio a soli 500 m. Attenzione ad un tratto pericoloso per la presenza di grandi crepacci sui 3600 m. Complessivamente resta una gita poco impegnativa. Panorama vasto, interessante soprattutto sulla vicina catena dei Mischabel.
Difficoltà: BSA, F+
Dislivello: 1050 m dalla Britannia Hütte; 1150 m dalla Langflue Hütte
Carte: CNS 1:50.000 f. 5006, Matterhorn Mischabel; CNS 1:25.000 f. 1328, Randa.
Accesso: Autostrada Gravellona Toce fino a Domodossola, Passo del Sempione, Briga; oppure autostrada di Aosta, Gran San Bernardo, Martigny. Da Briga o da Martigny percorrere la valle del Rodano fino a Visp, da cui si risale la Mattertal fino al bivio di Stalden. Da qui prendere a sinistra per la Saastal e seguirla fino a Saas Fee.
Avvicinamento: Partenza dalla Britannia Hütte, 3039 m (consigliata in quanto fuori dalla zona degli impianti), raggiunta in mezz’ora dall’arrivo della funivia di Felskinn, 2991 m, lungo la pista di servizio, o dalla Lagflue Hütte, 2870 m, posta all’arrivo dell’impianto di Langflue (la cui stazione di partenza si trova presso quella dell’impianto di Felskinn).
Salita: Dalla Britannia Hütte, 3039 m, ritornare alla stazione di arrivo dell’impianto di Felskinn, 2991 m, e percorrere il tunnel che dà accesso alle piste di discesa, perdendo complessivamente una cinquantina di metri di dislivello. Fuori dal tunnel attraversare il successivo ripiano glaciale fin sotto la rocciosa q. 3081, risalire il pendio sulla destra che porta sul Fee Gletscher a circa 3050 m e da qui dirigersi in lieve pendenza verso il centro del ghiacciaio (1.15-1.30 ore). A questo stesso punto si giunge partendo dalla Langflue Hütte, 2870 m, seguendo il tracciato di una sciovia (1-1.15 ore). Dal centro del ghiacciaio risalire lungamente il Fee Gletscher, intersecando per un buon tratto sciovie e piste di discesa, fino alle pendici della bella parete nord dell’Allalinhorn, intorno ai 3600 m. Svoltare a destra passando sotto a una seraccata in direzione del Feejoch. Qui i pendii si fanno ripidi e intersecati da grandi crepacci. Con vari tornanti aggirarli e prendere quota fino ai pendii più dolci presso il Feejoch (3826 m, 2.30 ore) Dal colle è normalmente possibile proseguire in sci sul ripido versante ovest della montagna (anche qui ci possono essere piccoli e infidi crepacci) fino ad aggirare completamente da destra la vetta. Giungere in cima all’Allalinhorn, 4027 m, percorrendo gli ultimi metri su una stretta crestina di neve o rocce rotte rivolta a est (0.45 ore, totale 4.15-4.45 ore).
Discesa: Si svolge sullo stesso percorso fino al centro del ghiacciaio, da cui, seguendo le piste, si raggiunge la Langflue Hütte, 2870 m (1-1.30 ore). Da qui con la funivia si torna a Saas Fee.
La patente
Le pelli scorrono di nuovo agevolmente sulla neve indurita, lungo la strada di servizio che è già andata in ombra sotto le rocce dell’Hinter Allalin. La Britannia Hütte si profila finalmente sul largo intaglio della cresta, al termine di una lunga giornata, faticosa e adrenalinica più del necessario. Con me ci sono Alberto, l’amico che è tornato a Genova dopo anni di lavoro a Torino dove l’ho conosciuto, Paolo e Federica.
L’ambizioso progetto di una quattro giorni in sci sui ‘4000’ di Saas Fee nasce attraverso la lettura di una guida in francese sullo scialpinismo nel Vallese filtrata dalla reminiscenza di un tentativo estivo allo Stralhorn, abortito per il maltempo. Era quasi vent’anni fa e alla gita, organizzata dall’allora Gruppo Alpinistico della Fiat, dove lavorava mio padre, partecipavo con lui e i miei fratelli. Ricordo che rimasi affascinato e intimidito dai vasti ghiacciai e da quelle montagne severe e incombenti.
Partiamo per tempo da Torino. Il lungo viaggio induce sonnolenza e, poco dopo il Gran San Bernardo, cedo la guida dell’utilitaria a Alberto, una fibra d’acciaio che non patisce le levatacce. Nell’attraversamento di Sion, proprio dove c’è la doppia linea continua, in Svizzera per di più, Alberto pensa bene di sorpassare un furgone, in effetti troppo lento rispetto ai 50 all’ora prescritti, non accorgendosi che a bordo strada c’è una pattuglia della gendarmeria. Alla richiesta dei documenti e del libretto di circolazione Alberto confessa di non avere con sé la patente. E qui si palesa la natura ingenua, distratta e un po’ ribelle del mio amico.
I gendarmi ci scortano alla stazione di polizia, dove ci fanno parcheggiare. Messe a verbale dichiarazioni di ogni sorta e trascritti i documenti d’identità di tutti, ci viene infine comminata l’ammenda che, considerate le due gravi infrazioni, ammonta a una cifra stratosferica: l’equivalente di 300.000 Lire, da versare in contanti. Raccolti tutti i Franchi Svizzeri che abbiamo con noi, riusciamo a stento a racimolare la cifra, senza però avanzare nulla per i prossimi giorni: rifugi, funivie e carburante per il ritorno. Spieghiamo ai gendarmi il problema, ma non ci viene concessa alcuna dilazione. L’alternativa è il sequestro di tutta l’attrezzatura scialpinistica. Per fortuna Paolo ha con sé una carta di credito con cui può recarsi in una banca e provare a prelevare. Dopo un bel po’ torna vittorioso con il denaro e veniamo finalmente liberati.
Tuttavia siamo in grave ritardo e l’ultima funivia di Felskinn parte alle 16. Considerato che siamo ancora parecchio lontani e, una volta a Saas Fee, dobbiamo attraversare a piedi tutta la cittadina, rischiamo di non farcela. Al parcheggio di Saas Fee ci cambiamo alla velocità della luce, poi corriamo alla partenza delle funivie. La cabina di Felskinn è già partita, ma fortunatamente è ancora in funzione l’impianto della Langflue, con un’ultima partenza alle 16,45. Adattiamo rapidamente il programma a questa eventualità non considerata: ci sobbarcheremo la traversata tra i due rifugi, in linea d’aria piuttosto distanti, ma, pare, collegati da un tracciato battuto dal gatto delle nevi.
Alla Langflue abbiamo la fortuna di incappare in un cingolato che sta partendo verso l’alto trainando una fila di ancore con soltanto due o tre persone. Fanno cenno di attaccarci. Non ci possiamo credere! Così giungiamo comodamente fino ad un ripiano del Fee Gletscher dove inizia il nostro trasferimento a sinistra mentre il battipista continua dritto. Montiamo le pelli e traversiamo, con scarsa pendenza ma su neve marcia e faticosa, tutto l’ampio ghiacciaio fino a un gobbone. Da qui, tolte le pelli, seguiamo una traccia che scende ripida su un nuovo pianoro. Rimesse le pelli percorriamo il piano e, secondo le istruzioni, entriamo sci a spalle in un tunnel in cemento (che strani posti!). All’uscita ci troviamo presso la stazione di arrivo di Felskinn, dove saremmo dovuti giungere direttamente e comodamente qualche ora fa, sulla strada di servizio tagliata nel ghiacciaio che conduce alla Capanna Britannia.
Finalmente siamo qui ed è ora di cena. Brindiamo, con il vino delle borracce, ai gendarmi, a Alberto e alla patente. La capanna è un grosso edificio che si affaccia sull’enorme bacino glaciale dello Stralhorn, il nostro obiettivo di domani, che contempliamo ammirati alla luce del tramonto.
Ci incamminiamo all’aurora. Il cielo impallidisce mentre percorriamo il piatto ghiacciaio che inizia sotto la Britannia Hütte. E’ una lunga sgambata in cui sembra a momenti di non avanzare, la cui linearità è interrotta soltanto dagli ampi aggiramenti di due grandi seraccate. Ma l’Adlerpass sullo sfondo, l’alta costa rocciosa del Rimpfischhorn, le eleganti cime nevose del Flutschorn e dello Stralhorn magnetizzano l’attenzione, alimentano l’entusiasmo e la voglia di essere già lassù. Paolo sprizza luce dagli occhi attraverso le lenti riflettenti dei suoi nuovissimi occhiali da ghiacciaio, è in gran forma e sente che questa volta non fallirà. Alberto, accantonato l’avvilimento per l’accaduto di ieri, avanza in testa alla comitiva. Federica procede con determinazione verso il suo secondo ‘4000’.
Dai pressi dell’Adlerpass, sul ripido pendio crepacciato, la traccia si fa strada con sapienza e senza strappi verso la cima mentre l’orizzonte si apre. Dalla vetta, con il fiato che ci resta, ululiamo di contentezza. La discesa ci rende subito consapevoli della quota che, anche nella sciata, ci fa sentire in debito d’ossigeno: poche curve e siamo subito fermi a rifiatare. Dall’Adlerpass in poi la neve è una moquette che perdona anche le incertezze da gamba stanca.
Il mattino dopo, meta l’Allalinhorn, ripercorriamo al contrario il tragitto del primo giorno fino al ripiano del Fee Gletscher. Siamo in mezzo alle piste e agli impianti, tutto fermo perché siamo partiti all’alba, ma tutto così stridente. Basta però alzare lo sguardo alla silhouette dell’Allaninhorn, alla imponente roccaforte glaciale dell’Alphubel e alla slanciata cresta dei Mischabel per sentirci in pace e in sintonia con la nostra avventura. Il silenzio, il freddo, la neve che scricchiola indurita dal gelo della notte, il cielo che si illumina senza una nube, ci accompagnano fin sotto i seracchi alla base della parete nord dell’Allalinhorn. Qui, ormai sopra gli ultimi impianti, mentre seguiamo la traccia che si insinua tra grandi crepacci verso la sella del Feejoch, ci raggiunge il sole.
Alla croce di vetta arriviamo tra i primi, con tutta l’emozione di avere raggiunto il secondo ‘4000’ di questa uscita in Svizzera, in mezzo a quei colossi del Vallese che sempre abbiamo ammirato dalle montagne della Val d’Aosta. Scendiamo guardinghi verso il Feejoch sul pendio dall’apparenza innocua, ma dove ogni tanto occhieggiano delle sottili e pericolose fenditure. Passati gli spettacolari crepacci sotto il colle raggiungiamo rapidamente le piste e il carosello degli sciatori, tra i quali ci mescoliamo per raggiungere la Langflue Hütte, dove abbiamo prenotato per la notte. In confronto alla Britannia, qui sembra di essere tornati precocemente alla civiltà urbana. Il self service ricorda la mensa aziendale, dove il flusso degli impiegati è sostituito dal via vai di sportivi in attillate tute da sci. Fortunatamente, per dormire siamo sistemati nell’edificio della vecchia capanna che ha conservato le sembianze di un rifugio.
La sveglia suona soltanto per me e Alberto, fedeli al programma che prevede la salita all’Alphubel, essendo Federica e Paolo già paghi dei precedenti successi. Usciamo dalla capanna dopo una frugale colazione autoprodotta, perché il self service apre soltanto alle 8. Alberto, che non si è protetto dal sole e ha perciò rimediando un serio eritema, indossa il passamontagna sopra uno spesso strato di crema. Non ce n’è bisogno: l’aurora disegna una sottile striscia arancione all’orizzonte sormontata da una immane cappa di nubi nere. Un segnale che, a dispetto della buona volontà, non è certo di buon auspicio.
Saliamo per quasi tre ore seguendo le tracce di discesa che si snodano sul ghiacciaio e poi ripieghiamo sul Feechopf prima che la tormenta si scateni. Facciamo dietrofront e torniamo velocemente dai nostri compagni i quali nel frattempo hanno consumato un’abbondante colazione come si deve e sono già pronti per il lungo rientro. Scesi in funivia, tra pigre gocce di pioggia raggiungiamo altrettanto pigramente il parcheggio.
Ora di partire, si misurano le diverse reazioni personali al ritorno da una gita appagante e ben riuscita: chi soggiace a una piacevole rilassatezza e si abbandonerebbe volentieri tra le braccia di Morfeo, chi viceversa si sente ancora l’adrenalina addosso e tirerebbe sveglio fino a notte. Si decide chi deve guidare. E qui, con sorprendente intesa, Federica, Paolo e io formuliamo il solenne giuramento che comunque vada, a costo di morire tutti di sonno, non cederemo mai più la guida ad Alberto.
21-24 maggio 1988

